E’ ormai pacifico che la differenza di genere nel mondo del lavoro, è dovuta, in gran parte, all’impatto che la genitorialità ha sugli uomini e sulle donne.
E’ l’effetto child penality, che colpisce quasi esclusivamente le madri, come attestato di recedente dalla pubblicazione dello studio di due ricercatori della London School of Economics che riassume i risultati del “Child Penalty Atlas”, un’analisi che quantifica la penalizzazione secondaria dovuta dalla genitorialità in 134 paesi del mondo.
Lo studio dimostra che la child penality è un fenomeno universale e che in tutti i paesi del mondo la nascita dei figli penalizza l’occupazione femminile mentre quella maschile resta invariata. Pur diffusa ovunque, la differenziazione varia comunque molto da paese a paese in base al livello di sviluppo e alle politiche di welfare adottate.
L’effetto child penality nei diversi paesi del mondo
Diversamente da quanto si sarebbe portati a pensare, la discrepanza degli effetti della nascita di un figlio per i padri e per le madri è più alta nelle società più urbanizzate e meno dipendenti dall’agricoltura dove si crea una netta separazione tra casa e lavoro, rendendo la cura dei figli un ostacolo più rilevante all’occupazione femminile. Infatti il continente africano, dove l’urbanizzazione è minore e l’attività agricola supera quella industriale si registra la penalizzazione più bassa, pari al 9% analoga a quella dei paesi scandinavi, dove esiste un avanzato sistema di welfare e una cultura di uguale divisione dei carichi di cura all’interno della famiglia.

Nel resto dell’Europa occidentale le percentuali sono più alte – 41% in Germania, 33% nel Regno Unito – e l’Italia è in coda, dato che non può stupire dato che una donna su cinque abbandona il lavoro alla nascita del primo figlio, anche in ragione dell’annosa carenza di adeguate strutture per l’infanzia.
Il dossier della camera dei Deputati
Il dossier della camera dei Deputati sull’occupazione femminile in Italia ha attestato, per il gennaio 2025, un divario del 18,5% tra il tasso di occupazione maschile e quella femminile: il primo è pari al 72,04% mentre il secondo è del 53,54%. Il divario conferma tra l’altro che, pur essendo stati creati nuovi posti di lavoro, questi sono stati occupati in prevalenza fagli uomini
Il dossier evidenzia quindi la necessità di porre in essere politiche attive per la conciliazione tra lavoro e famiglia, come servizi di cura dell’infanzia e sostegno alla genitorialità, ma anche l’importanza di contrastare il fenomeno delle dimissioni in bianco e di promuovere la creazione e lo sviluppo di imprese a partecipazione femminile.
Resta evidente che alla base di tutto è comunque necessario un cambiamento culturale per cui non sia automatico che la cura dei figli (così come quelle della casa e dei familiari anziani o malati) gravino esclusivamente o perlopiù sulle donne, ma siano equamente distribuiti in modo di consentire anche al sesso femminile quella piena partecipazione al mercato del lavoro che va a beneficio di tutti.