Sistema Common rail: cos'è e come funziona
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Direttore: Alessandro Plateroti

Common rail: cos’è e come funziona

Common Rail

Diffusosi tra gli anni Ottanta e Novanta, il sistema di iniezione common rail è presente sui motori alimentati a diesel.

Il common rail è un sistema di alimentazione utilizzato dai motori a diesel. Pur essendo stato inventato da un fisico italiano (Mario Ricco), è stato industrializzato dalla Casa tedesca Bosch. Vediamo di seguito come nacque questo sistema, come funziona e su quali modelli di auto è presente.

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La nascita del sistema common rail

Un primo prototipo di sistema common rail viene sviluppato già alla fine degli anni Sessanta dall’ingegnere svizzero Robert Huber benché in ambito navale e ferroviario tale tecnologia avesse trovato applicazione già durante il periodo tra le due guerre. Il problema era che il principio di funzionamento dei motori common rail sviluppati dal Politecnico di Zurigo già negli anni Trenta del Novecento non era applicabile all’ambito automobilistico.

Una decisa accelerazione alla messa a punto del sistema si registra nella seconda metà degli anni Novanta, grazie al dottor Marco Ganser dell’Istituto di Tecnologia di Zurigo ed ai tecnici della Denso Corporation. Quest’ultima, un’azienda che produceva componenti per auto, mise a punto il primo sistema di alimentazione common rail destinato ad essere utilizzato su mezzi pesanti; non a caso, la prima applicazione della tecnologia perfezionata da Shohei Ito e Masahiko Miyaki fu sul Ranger prodotto dalla Hino, una sussidiaria della Toyota deputata alla produzione di veicoli pesanti, e messo i commercio a partire dal 1995.

Già dal 1990, però, il Centro Ricerche FIAT in collaborazione con Magneti Marelli, stava lavorando ad una tecnologia che sfruttasse il medesimo principio. Nel 1994 il progetto viene acquisito dalla Bosch, che ne completa lo sviluppo e ne avvia il processo di industrializzazione; tre anni più tardi debutta sul mercato la prima autovettura di serie spinta da un motore che sfrutta il sistema common rail, l’Alfa Romeo 156 2.4-L JTD. Va sottolineato come, in realtà, il Gruppo FIAT avesse già proposto sul mercato, circa un decennio prima, un’auto di serie con motore diesel corredato da iniezione diretta, ossia la Croma T.D. i.d. del 1986.

Cos’è il common rail Bosch e come funziona

Per capire il funzionamento del common rail, è necessario anzitutto tener presente com’è strutturato l’intero sistema. Rispetto alla precedente tecnologia di iniezione diretta, questo sistema innovativo presenta i seguenti elementi:

  • il filtro del carburante;
  • una pompa a bassa pressione del carburante;
  • un sensore di temperatura;
  • una valvola che regola la pressione del carburante;
  • una pompa del carburante ad alta pressione;
  • un canale di distribuzione comune (ossia il ‘common rail’ dal quale deriva il nome dell’intero sistema);
  • quattro (o più) iniettori in parallelo solidali al canale comune di distribuzione;
  • un limitatore di pressione.

Come si può intuire, il sistema sfrutta due circuiti; uno opera a bassa pressione (tra i 2 e i 4 bar) e l’altro ad alta pressione (da 350 a 1350 bar, in base al regime di rotazione del motore). Il principio di funzionamento common rail è piuttosto semplice: la pompa ad alta pressione immette il carburante pressurizzato nel condotto comune che, per via della propria forma viene definito ‘flauto’. In genere, è sufficiente che il motore effettui pochi giri per raggiungere il livello di pressione: quest’ultimo viene regolato da una valvola, in modo tale che nel condotto comune, la pressione resti quella impostata dalla centralina elettronica che controlla il funzionamento dell’intero sistema.

Common Rail
Common Rail

L’iniezione può essere gestita in due modi diversi: in maniera continua, gestita dalle valvole degli elettroiniettori oppure in due fasi. Questa seconda opzione prevede una pre-iniezione che immette una minima quantità di carburante nei cilindri, facendo aumentare la temperatura. Il sistema opera ad una pressione proporzionata ai giri ed al carico del motore; per questo è presente un regolatore, comandato direttamente dalla centralina elettronica. Quest’ultima sfrutta i dati rilevati dai sensori per aumentare o diminuire il livello di pressione a seconda delle necessità.

Le sigle di identificazione del sistema common rail

Numerose case automobilistiche hanno fatto propria la tecnologia common rail per proporla sui propri modelli di gamma. Un po’ come la trazione integrale, ciascuna ha elaborato una sigla di identificazione:

  • Gruppo BMW: ‘d’, ‘D’ o ‘SD’;
  • Chevrolet: VCDi;
  • Chrysler: CRD;
  • Gruppo PSA (Peugeot, Citroen, Opel): HDi, e-HDi e BlueHDi;
  • Gruppo Daimler: CDI;
  • Gruppo FIAT (FIAT, Alfa Romeo e Lancia): JTD, MultiJet, JTDm, TDi, CDTi, TCDi, TiD, TTiD, DDiS e QuadraJet;
  • Ford: TDCi;
  • Honda: CTDI e i-DTEC;
  • Hyundai e Kia: CRDi;
  • Jaguar: d;
  • Jeep: CRD;
  • Land Rover: TD4, eD4, SD4, TD6, TDV6, SDV6, TDV8, SDV8;
  • Mazda: DiTD, poi MZR-CD e Skyactiv-D (prodotti in collaborazione con Ford e PSA);
  • Mercedes-Benz: CDI;
  • Mitsubishi: DI-D;
  • Opel: CDTI e CRI;
  • Gruppo Renault e Nissan: dCi;
  • Subaru: TD o D;
  • Suzuki: DDiS;
  • Toyota: D-4D e D-CAT;
  • Gruppo Volkswagen (Volkswagen, Audi, SEAT e Skoda): TDI;
  • Volvo: D, D2, D3, D4 e D5.

Il common rail Multijet

A pochi anni dal debutto su una vettura di serie, il Gruppo FIAT sviluppò ulteriormente la tecnologia common rail introducendo il motore Multijet. Questi, a differenza dei predecessori che sfruttavano la tecnologia common rail di prima generazione, prevede un numero più elevato di iniezioni (da una a cinque) per ciascuna combustione. La gestione delle iniezioni è affidata ad una centralina elettronica che regola il ciclo operativo in base ad una vasta gamma di parametri, tra i quali il carico ed il regime di rotazione del motore.

La tecnologia Multijet ha subito nel 2009 un ulteriore upgrade, tramite l’introduzione di una nuova generazione di motori (Multijet II). Questi ultimi si caratterizzano per la presenza di elettroiniettori particolarmente precisi che, grazie ad una valvola idraulica, sono in grado di regolare in maniera estremamente precisa l’iniezione di carburante.

Il primo prototipo di motore Multijet è un 4 cilindri in linea da 1.2 litri, presentato nel 1999 sulla Ecobasic, un concept di auto ecologica prodotto dalla FIAT. La Casa del Lingotto mise poi a punto una versione da 1.3 litri da 69 CV e 16 valvole che equipaggerà la Panda, la Punto e la Idea (oltre a diversi modelli Lancia, Opel e Suzuki) anche nella variante potenziata da 75 CV.

La seconda famiglia di propulsori Multijet comprende l’1.3 da 75 CV (omologato Euro 5) e un 1.6 proposto in due tarature di potenza (90 CV e 105 CV), ai quali si aggiunsero un 1.9 e un 2.0 (sia mono che biturbo).

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ultimo aggiornamento: 3 Ottobre 2019 17:58

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