Coronavirus, l’allarme degli esperti: troppe zone gialle sono un rischio

Coronavirus, l’allarme degli esperti: troppe zone gialle sono un rischio

Coronavirus in Italia, gli epidemiologici lanciano l’allarme sull’allentamento delle restrizioni: troppe zone gialle potrebbero essere un rischio.

Mentre la crisi politica occupa le prime pagine dei giornali, l’emergenza coronavirus continua a preoccupare gli esperti, molti dei quali considerano le tante zone gialle stabilite con l’ultima ordinanza di Roberto Speranza un grave rischio. La libera circolazione nei confini regionali, la riapertura della scuola e la riapertura di negozi, bar e ristoranti rappresentano un contesto pericoloso che potrebbe agevolare la diffusione del rischio.

Coronavirus, troppe zone gialle potrebbero essere un rischio

Una corrente di pensiero anche abbastanza diffusa tra gli epidemiologi ritiene che troppe zone gialle rappresentino un rischio. Anche dal punto di vista psicologico l’istituzione della zona gialla porta verso un abbassamento della tensione se non addirittura dell’attenzione. Inoltre le regole della zona Gialla sono particolarmente permissive. Nulla vieta un fine settimana all’insegna dello shopping, ad esempio, o una gita fuori porta, ma nei confini regionali. Questi comportamenti, che ripetiamo, sono assolutamente leciti e legittimi, potrebbero portare ad una ripresa dell’epidemia. Aumentando le occasioni di contatto tra le persone e a fronte di possibili assembramenti, il coronavirus potrebbe tornare a correre vanificando gli sforzi fatti fino a questo momento.

Fonte foto: https://www.facebook.com/palazzochigi.it

L’allarme dell’Aie

L’allarme arriva a chiare lettere da Cesare Cislaghi dell’Aie, Associazione italiana di epidemiologia. Intervenuto ai microfoni de il Corriere della Sera, Cislaghi ha invitato tutti a mantenere un atteggiamento attento e prudente.

“I dati pubblicati giornalmente sul sito della Protezione civile sembrano disegnare un altro quadro. È troppo presto per togliere alle regioni il rosso e l’arancione. Questo dal punto di vista epidemiologico. Comprendo che dopo tanti mesi di chiusure bisognava dare un segnale politico di ottimismo, ma allora perché non accompagnare questo ritorno alla presunta normalità, che poi non è affatto tale, con una campagna di sensibilizzazione martellante?”.

“Sia l’incidenza media giornaliera dell’ultima settimana, 24-30 gennaio, sia il rapporto tra questa e l’incidenza della settimana precedente, appunto l’Rdt, non sembrano concordare con le decisioni prese. Tredici regioni hanno questo indice di replicazione superiore ad uno e quasi tutte le rimanenti, tranne Valle d’Aosta e Sicilia, lo hanno comunque in crescita”.