Dagli sgravi fiscali alla tutela del made in Italy: cosa prevede il decreto crescita

Dagli sgravi fiscali alla tutela del made in Italy: cosa prevede il decreto crescita

Il Consiglio dei ministri ha approvato con ‘riserva’ il decreto crescita. Andiamo nei dettagli a vedere cosa prevede il testo.

ROMA – Il decreto crescita continua a far discutere all’interno della maggioranza ma intanto ieri nel Consiglio dei ministri il testo è stato approvato ‘con riserva’. Possibile che nelle prossimi giorni ci sia un nuovo vertice per fare delle modifiche che in realtà Lega e M5s potrebbero inserire anche nelle Commissioni prima di arrivare in Parlamento Andiamo a capire cosa prevede la nuova riforma.

Roma 01/06/2018 – giuramento Governo Italiano / foto Insidefoto/Image nella foto: Luigi Di Maio-Matteo Salvini

Cosa prevede il decreto crescita

Tra gli emendamenti inseriti in questo decreto c’è la revisione della mini Ires. Cioè verrà definitivamente cancellata l’imposta sui redditi delle società al 15% e uno sconto di 9 punti per le aziende che investono in macchinari o assunzioni.

Far puntati anche sull’IMU (previsto uno scontro dell’80% per i capannoni e un superammortamento del 130% per chi investe in beni materiali nuovi che non sono mezzi di trasporto) e sulla tutela del made in Italy. In questo caso tutti i marchi con almeno 50 anni di attività possono entrare a far parte di un registro che prevede un fondo di tutela da 120 milioni di euro.

Tasse dimezzate per chi decide di tornare in Italia per almeno due anni dopo aver trascorso un periodo identico all’estero. Queste persone per 5 anni pagheranno tasse solo al 30% sul reddito mentre sono 10 per coloro che si trasferiscono al Sud, hanno figli e comprano una casa. Prevista anche larottamazione delle tasse locali.

Un testo che potrebbe avere dei cambiamenti nei prossimi giorni visto che in Parlamento sono attese delle modifiche. Il testo del decreto crescita è pronto ad approdare in Aula ma prima devono essere risolti dei dettagli all’interno della maggioranza con Lega e M5s che hanno visioni diverse su alcuni punti della riforma.