Quattro sono morti dopo il capovolgimento di una nave che trasportava 21 passeggeri, tutti con collegamenti con l’intelligence italiana e israeliana, e crescono le speculazioni sulla natura del viaggio.
Erez Shimoni, il cui vero nome nessuno crede fosse quello, è stato sepolto con gli onori più alti e la massima segretezza.
Circondato da funzionari con le maschere sul viso, il capo del Mossad David Barnea ha reso omaggio all’agente annegato nel Lago Maggiore.
Un tributo solenne che evidenzia l’importanza delle missioni svolte per la sicurezza di Israele, compresa l’ultima, condotta in stretta collaborazione con l’intelligence italiana, tra Piemonte e Lombardia.
David Barnea, capo del Mossad, ai funerali dell’agente morto sul Lago Maggiore.
Un’operazione dal nome burocratico e dal significato oscuro per la maggior parte delle persone: “Anti-proliferazione”.
Ma che in linea di massima corrisponde all’attività mostrata più spesso nei film d’azione: fermare i responsabili di armi di distruzione di massa, come armi nucleari, chimiche o biologiche, o che contribuiscono alla realizzazione di armamenti ad alta tecnologia, come droni, armi cibernetiche, missili balistici e sottomarini in miniatura.
Ovviamente, queste terribili macchine sono il risultato finale di un complesso processo di produzione che si avvale di componenti a doppio uso, macchinari e software che hanno una doppia vita, come ogni protagonista di questo mondo oscuro e enigmatico.
Molti anni fa, ad esempio, in un’operazione storica di “anti-proliferazione” tra Italia e Svizzera, furono intercettati dispositivi farmaceutici destinati a diverse aziende: la loro destinazione finale era un centro di ricerca impegnato nello sviluppo di tossine batteriologiche per uno “Stato canaglia”.
Questi dispositivi non arrivarono mai a destinazione. Anche questa volta, molti scommettono che gli avversari comuni degli agenti israeliani e italiani fossero emissari di un Paese mediorientale estremamente abile nel procurarsi materiali strategici.
I nomi delle due vittime italiane e il totale di ventuno spie coinvolte sono elementi sufficienti per far ipotizzare agli esperti che si tratti di un’operazione lunga e complessa, con sorveglianze dinamiche protratte per giorni fino al raggiungimento dell’obiettivo desiderato. Un successo che avrebbe dovuto rimanere nell’ombra.
Tutto era perfetto, tranne la festa conclusiva. Un rituale molto più comune di quanto si possa immaginare.
Gli uomini e le donne dell’ultima operazione probabilmente hanno ritenuto che la barca, nonostante il suo infelice nome “Goduria”, avrebbe garantito la stessa privacy, e che la sala riservata nel ristorante