La strumentalità dello sciopero della fame di Cospito “è assolutamente certa e ha dato corso alle patologie oggi presenti”.
Dopo soli tre giorni arriva la sentenza da parte dei giudici, che hanno confermato la respinta della richiesta della difesa di Alfredo Cospito di trasferirlo ai domiciliari per problemi di salute. Il tribunale di sorveglianza di Milano e quello di Sassari hanno deciso di comune accordo che l’anarchico resterà al San Paolo di Milano, al 41 bis.
Il “no” del Tribunale
Dopo l’attacco di cuore dello scorso 21 marzo, in cui Cospito ha anche rischiato per morire, il medico incaricato dai difensori ha detto che rischia danni irreversibili. Ma per i giudici la sua condizione “non si palesa neppure astrattamente confliggente con il senso di umanità della pena, avuto riguardo alle condizioni oggettive del detenuto”.
La difesa aveva chiesto il suo trasferimento ai domiciliari a casa di una delle due sorelle, a Viterbo. Tuttavia le condizioni di salute di Cospito sono “il frutto di una deliberata e consapevole scelta”, e inoltre nel reparto ospedaliero queste possono essere monitorate “nel modo più attento”.
Il provvedimento
Nel provvedimento redatto dalla presidente della Sorveglianza Giovanna Di Rosa e dalla giudice Ornella Anedda, si contesta “l’elevato rischio di conseguenze, anche gravi e imprevedibili, di natura cardio-circolatoria”, facendo riferimento a “un rilevantissimo calo ponderale e l’insorgenza di una serie di conseguenze a livello neurologico su base carenziale in conseguenza dell’assenza o della scarsità dell’apporto calorico o vitaminico”.
Insomma, la salute di Cospito è stata danneggiata da un suo gesto volontario, da una protesta non violeta che lo ha visto al centro di uno sciopero della fame che era stato contestato dai giudici. Nonostante la proposta dei medici di un percorso di rialimentazione dopo il digiuno, egli “lo rifiuta coscientemente”.
Nessuna azione può essere ricondotta a tratti disfunzionali di personalità. Dall’esito del consulto psichiatrico risulta che Alfredo Cospito è lucido, collaborante, e “non emergono alterazioni della percezione né acuzie psichiatriche in atto ed egli appare consapevole dei rischi connessi alla prosecuzione del regime dietetico”.