Ecco dove sono tutti i covi dei latitanti più famosi e perché i boss mafiosi non lasciano mail il territorio.
Matteo Messina Denaro è stato arrestato mentre si trovava in una clinica a Palermo ma in realtà il suo nascondiglio era nel trapanese. Nonostante fosse latitante da 30 anni il boss non ha mai lasciato il proprio territorio, lo stesso avevano fatto anche tanti altri boss latitanti, nonostante fossero ricercati da anni dalle forze dell’ordine. Vediamo allora quali sono i covi e i nascondigli dove si nascondevano i latitanti più famosi.
Perché i boss mafiosi non lasciano il territorio?
Lasciare il proprio territorio per un boss vorrebbe dire perdere il proprio potere. I membri dell’organizzazione criminale, fiancheggiatori e non solo deve sapere che il boss è ancora nel territorio, anche se non sanno dove esattamente si nasconde. Il latitante deve perciò restare nel proprio territorio. All’interno del proprio territorio i latitanti possono inoltre godere su una rete di protezione che non avrebbero in altri luoghi.
Va poi considerato che all’interno dell’organizzazione mafiosa il numero di anni di latitanza aumenta il prestigio del boss.
Il covo di Matteo Messina Denaro
Matteo Messina Denaro, prima dell’arresto, abitava a Campobello di Mazara, paese che è solo a otto chilometri di distanza da Castelvetrano, il comune della provincia di Trapani dove il boss è nato. A Campobello di Mazara, inoltre, la polizia ha fino a questo momento individuato tre covi diversi di Matteo Messina Denaro.
Il covo di Totò Riina
Totò Riina è stato arrestato il 15 gennaio del 1993 mentre si trovava auto a circa un chilometro dalla propria abitazione. Pur essendo latitante dal 1969, viveva insieme alla moglie Antonietta Bagarella e ai suoi figli in una villetta situata in via Bernini 54 a Palermo.
Il covo di Bernardo Provenzano
L’altro grande boss di Cosa Nostra, che è stato latitante per 38 anni, è Bernardo Provenzano. Arrestato nel 2006, il boss si nascondeva nelle campagne di Corleone, il suo paese natale. Era nascosto in una casetta, dotata di cucinino e bagno, situata in contrada Montagna dei Cavalli, a circa due chilometri di distanza dal centro del paese. All’interno del covo furono ritrovati diversi “pizzini” con i quali il boss comunicava con gli altri membri dell’organizzazione impartiva i suoi ordini.