La variante Eris ha raggiunto il 51% dei casi in Italia: come riconoscere i sintomi e cosa fare in caso di positività.
La variante Covid EG.5, conosciuta come “Eris“, continua a rappresentare la minaccia dominante in Italia, con impatti significativi sulla sanità pubblica. Matteo Bassetti, direttore delle Malattie infettive presso l’ospedale San Martino di Genova, durante un’intervento a Tgcom24, ha paragonato l’impatto di Eris a quello del 2021/22, sottolineando la presenza di febbre alta e sintomi respiratori. Ha inoltre ribadito l’importanza del richiamo vaccinale per pazienti fragili e persone anziane.
I sintomi della variante Eris
La variante Eris (EG.5), in circolo ai massimi livelli in tutta Europa, è arrivata anche l’Italia dove ha raggiunto il 51% dei casi. Dopo quest’estate, i numeri della sottovariante di Omicron sono aumentati vertiginosamente.
La sintomatologia di questa variante Covid è molto simile a quella influenzale. Tra i sintomi maggiori, ci sono: mal di gola, naso che cola o chiuso, tosse secca, mal di testa, tosse grassa, voce rauca, dolori muscolari e articolari.
Oltre alla febbre, talvolta abbastanza intensa, alcuni pazienti possono arrivare a soffrire anche di perdita del gusto e dell‘olfatto: due fattori già vissuti nei primi anni della pandemia. In alcuni casi, l’infezione può intaccare anche le vie respiratorie.
Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive dell’ospedale policlinico San Martino di Genova, ha spiegato: “Si può avere una febbre alta, per due o tre giorni, che somiglia molto all’influenza con qualche dolore in più in alcuni soggetti. E quindi come tale va trattata”.
I dati a livello nazionale
A livello nazionale, sono state somministrate 669.935 dosi del vaccino anti-Covid Comirnaty XBB 1.5. La copertura vaccinale tra la popolazione over 60 è del 3,12%, con alcune regioni che mostrano percentuali maggiori. La Toscana, l’Emilia Romagna, la provincia autonoma di Bolzano e la Lombardia sono tra le regioni con la più alta percentuale di vaccinazione, mentre Abruzzo, Basilicata e Sicilia registrano le percentuali più basse.
Un’impennata di nuovi contagi da Covid è stata osservata nella settimana dal 9 al 15 novembre. I dati del ministero della Salute rivelano 34.919 nuovi casi, con un aumento del 28,1% rispetto alla settimana precedente. Anche il numero dei decessi è in crescita, con un incremento del 17,8%, portando a 192 il totale delle vittime in sette giorni. I tamponi effettuati sono stati 224.522, con un aumento del 13,5% rispetto alla settimana precedente, e il tasso di positività si attesta al 15,3%, in aumento dell’1,7%.
Per quanto riguarda la situazione ospedaliera, il tasso di occupazione in area medica è del 6,7% (4.167 ricoverati), in aumento rispetto al 5,9% della settimana precedente. La terapia intensiva registra un tasso di occupazione dell’1,4% (122 ricoverati), rispetto all’1,2% della rilevazione precedente.
Cosa fare in caso di positività?
Per chi nella stagione autunnale verrà colpito dalla variante Eris, sarà necessario intervenire con farmaci sintomatici, ovvero: il paracetamolo, l’ibuprofene, il ketoprofene e l’aspirina.
“Se il soggetto è fragile o anziano deve prendere entro 5 giorni gli antivirali, Paxlovid e Remdesivir, che funzionano anche contro ‘Eris’. Ricordo che questa malattia nel giro di poche ore può cambiare connotati e magari si deve correre in ospedale”, avverte Bassetti.
“A ottobre abbiamo avuto 800 morti e sarebbe interessante sapere quanti erano vaccinati e quanti hanno fatto le terapie”, illustra poi Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società Italiana di Malattie Infettive e tropicali (Simit) e professore di Malattie infettive all’Università Tor Vergata di Roma.
I dati sui vaccini
Ad allarmare anche la situazione vaccinazione e richiami. In totale in tutta Italia nella settimana dal 13 al 19 novembre sono state somministrate 745 dosi. La copertura tra gli over 60 si attesta sullo 0,03% della popolazione. Numeri “imbarazzanti” secondo Bassetti anche andando ad analizzare i dati relativi alla prima dose booster che si ferma al di sotto dell’85% della popolazione. Peggio ancora per la seconda che copre solamente il 16,89% della popolazione.