La crisi di governo si conclude con una personalissima vittoria di Matteo Renzi su Giuseppe Conte. Finisce l’esperienza dell’avvocato del popolo.
Forse non è ancora chiaro cosa abbia effettivamente fatto Matteo Renzi negli ultimi due anni (poco meno in realtà). Dopo la crisi del primo governo Conte ha messo insieme Pd e Movimento 5 Stelle per evitare che si andasse alle urne. E le elezioni avrebbero rappresentato una sorta di marcia trionfale per il Centrodestra capitanato dalla Lega di Matteo Salvini. Ha costruito un governo impensabile e poi, con un secondo gioco di prestigio, ha preso in mano le chiavi di questo governo formato da Pd e Movimento 5 Stelle, principalmente.
Renzi entra da semplice senatore dem, poi una volta avviato il Conte Bis si stacca e forma Italia Viva. A quel punto ha due Ministeri ma soprattutto ha i numeri vitali al Senato. Senza di lui si finisce in minoranza a Palazzo Madama. Inizia una lunga partita a scacchi tra lui e Conte. Richieste, concessioni, rilanci e scontri. Fino alla crisi di governo. Renzi si è giocato il tutto per tutto, o meglio, ha bluffato meglio dell’ormai ex Presidente del Consiglio.
Crisi di governo, Renzi batte Conte: ha vinto chi non aveva nulla da perdere
Con il senno di poi Giuseppe Conte non può non essere rammaricato per questa conclusione. Non tanto per l’epilogo che ovviamente non lo farà contento, ma per il fatto di non essersi giocato fino in fondo le sue carte.
Renzi ha fatto la sua partita e forse ha ragione chi sostiene che se non fosse stato per il Covid il leader di Italia Viva si sarebbe mosso prima per scalzare Conte. L’ormai ex premier invece ha creduto nella buonafede, nella possibilità di migliorarsi attraverso il confronto. E alla fine si è trovato assediato, travolto da richieste più o meno opportune. È finito a giocare una partita al rilancio che non poteva vincere. E alla fine Renzi, ritirando le ministre, lo ha messo con le spalle al muro, o meglio, di fronte ad un bivio che in realtà era una strada senza uscita: tornare al tavolo delle trattative con Italia Viva, di fatto dando ufficialmente a Renzi le chiavi dell’esecutivo, o provare ad andare avanti senza Italia Viva, provando a raccogliere un manipolo di responsabili.
Il Premier ha scelto la seconda via, ma non fino in fondo. In pochi giorni ha raccolto pochissimi responsabili e si è ritrovato di fronte ad un altro bivio: il voto sulla Giustizia. In quel caso la maggioranza sarebbe andata sotto. Quasi certamente. Ma era un rischio da correre, con il senno di poi. Le dimissioni prima del voto hanno spinto Conte tra le braccia di Renzi. In maniera comprensibile ed estraneo alle dinamiche di Palazzo, Mattarella ha intuito il ruolo cruciale di Italia Viva, almeno dal punto di vista numerico, e ha chiesto a Fico di sondare il terreno. E le intenzioni di Renzi sono venute alla luce. Stando a quanto riferito da esponenti del Pd e M5s, il leader di Italia Viva avrebbe fatto di tutto per ostacolare le trattative. E avrebbe avanzato richieste a tutto campo: programma, nomi, Ministeri. Tutto. Alla fine lui non aveva nulla da perdere. Anzi, aveva tutto da guadagnare.
Renzi cade in pieno: sì a Mario Draghi da parte di Italia Viva
E infatti fallite le trattative tra le forze che sostenevano il Conte bis, Mattarella, come prevedibile, ha convocato Mario Draghi al Quirinale senza passare per il secondo giro di consultazioni. Renzi sosterrà l’ex numero uno della Bce, il Movimento 5 Stelle no e quindi si troverà all’opposizione (se dovesse nascere questo esecutivo di alto profilo) nella speranza che non ci sia una scissione interna, che di fatto annullerebbe il potere numerico del M5s.
E Conte esce di scena…
E Conte? Conte vede apparire la scritta Game Over. Sicuramente paga qualche errore, uno su tutti l’aver gestito una coalizione di Centrodestra e una di Centrosinistra come se fosse la stessa cosa. Non poteva essere. Ha pagato forse l’inesperienza nelle dinamiche di Palazzo, forse avrebbe potuto intuire prima i piani di Renzi. Forse avrebbe potuto giocarsi il tutto per tutto andando al voto sulla fiducia, andando in minoranza e bruciando di fatto la via del Conte ter. Ma avrebbe tolto anche spazio e libertà di movimento a Matteo Renzi.