Nonostante l’appello fatto da Davide Marotta, la sua casa dove era nato e cresciuto con la sua famiglia, è stata abbattuta.
La sentenza di demolizione era stata annunciata nel 1999 e nonostante Davide Marotta avesse fatto vari ricorsi e ottenuto la sospensione del diniego, questa mattina la sua casa è stata abbattuta. Ci viveva da tutta la vita all’interno, e la sua famiglia da oltre 100 anni. Adesso, con sua madre anziana e disabile, e suo fratello, Marotta si ritrova alla fine di questa battaglia persa.
Questa mattina, 21 novembre, la casa dell’attore Davide Marotta è stata demolita dopo 23 anni della sentenza. L’artista è noto per aver interpretato il piccolo alieno Ciribiribì negli spot della Kodak, dopo cui è entrato nel cast del film la Passione di Cristo Mel Gibson e il Grillo Parlante nel Pinocchio di Matteo Garrone.
Sentenza confermata
Nelle ultime settimane lo avevamo visto a Pomeriggio Cinque per fare ricorso e chiedere aiuto pubblicamente affinché non venisse rasa al suolo l’abitazione dove viveva con sua madre e suo fratello. Marotta aveva lanciato diversi appelli anche su alcuni quotidiani, dopo aver presentato ricorso contro la decisione del giudice: “In quella casa ci sono nato, la mia famiglia ci viveva da oltre 100 anni”.
Oltre al punto di vista affettivo, l’attore aveva con sé in casa sua madre di 90 anni e disabile al 100%. Una situazione complicata da affrontare senza avere più una casa in cui vivere. Sull’abitazione pendeva una sentenza di demolizione della Procura della Repubblica di Napoli del 1999.
Quest’anno Marotta aveva vinto il ricorso al Tar, ottenendo la sospensione del diniego del Comune al condono, ma la l’iter per l’abbattimento è andato avanti fino alla demolizione di questa mattina. L’attore si era appellato anche alla Convenzione Europea che tutela il diritto inalienabile al domicilio e sabato aveva consegnato le chiavi dell’abitazione alle forze dell’ordine.
Severino Nappi sui social scrive: “Questa è la casa di Davide Marotta che viene abbattuta. Mandare per strada un’intera famiglia, con un’anziana disabile di quasi 90 anni, non è giustizia. Questa è una giustizia sorda al buonsenso, senza flessibilità, senza ragione. Non ci fermeremo. La nostra battaglia continua”.