Dedicated perfomer: scegliere di non lasciare il proprio lavoro

Dedicated perfomer: scegliere di non lasciare il proprio lavoro

Sono i dipendenti più efficienti quelli più motivati e fedeli alla propria azienda. Lo dice una nuova ricerca sul lavoro.

In un mercato del lavoro frammentato, “a tempo determinato”, e dominato dalla logica della produttività e della performance, si sta diffondendo sempre più la mentalità, tra i dipendenti, che cambiare di frequente azienda sia la normalità. Non per tutti però: una nuova ricerca ha fatto emergere un gruppo peculiare di lavoratori, che sono invece fidelizzati alla propria ditta e non pensano di andarsene. Sono i “dedicated performer”.

I risultati della ricerca: il 33% degli europei potrebbe abbandonare il proprio lavoro

E’ un’anomalia rispetto alla tendenza generale della realtà lavorativa, questa dei dipendenti “fedeli”: il Global Re:work Report 2023, condotto dalla società internazionale di head hunting Kelly, ha rilevato infatti come ben il 33% dei lavoratori in Europa potrebbe abbandonare l’azienda per la quale lavora nel giro del prossimo anno, con valori che salgono anche sopra il 40% per Paesi come la Germania, mentre nel resto del mondo la media si arresta al 28%.

In questo quadro, dove le imprese appaiono deboli nel soddisfare le esigenze dei propri assunti e a fornire loro le condizioni migliori per la loro professione, c’è però uno zoccolo duro di dipendenti che non lascerebbe la propria azienda. Motivati nel modo corretto, fidelizzati il giusto e appagati nel loro ruolo, i “dedicated performer” tendono a non lasciare la propria azienda e per questo le portano grande valore, in quanto risultano più efficienti e produttivi a lungo termine.

Cosa convince i “dedicated performer” a restare?

Cosa convince questi lavoratori a restare? L’indagine, che ha raccolto i dati di 1500 dirigenti e 4200 dipendenti, mostra come il motivo più forte che li spinge a rimanere ancorati al proprio lavoro sia l’importanza riservata alla salute mentale. Ben l’88% di questo gruppo pensa che i loro datori si curino del loro benessere psicologico.

Dopodiché, grande rilevanza ha il senso di appartenenza alla ditta, quella fidelizzazione che fa sentire parte di qualcosa, riconosciuta dal 54% dei lavoratori “dedicated”. Il 43% di importanza è data all’inclusività verso tutti i tipi di categorie, e ancora, il 35% considera che un’azienda che permetta di sviluppare le proprie competenze sia un buon posto dove rimanere a lungo.

Tutti questi fattori aumentano chiaramente il livello di soddisfazione di tale categoria di dipendenti, che si sente quindi motivata, coinvolta e ispirata a fare bene nel proprio lavoro. Davanti al 45% degli europei che ha affermato di aderire al “quiet quitting”, ossia all’idea di fare solo il minimo indispensabile a lavoro senza dover strafare a tutti i costi, o davanti a storie controverse come quelle della professoressa assenteista per 20 anni, i “dedicated performer” sono davvero in controtendenza.