L’omicida di Samarate, Alessandro Maja, non potrà sostenere l’interrogatorio in quanto è stato ricoverato in psichiatria all’ospedale di Monza.
La notizia è arrivata nella tarda serata di giovedì. Alessandro Maja, l’omicida di Samarate, che è stato accusato di aver ucciso, nella giornata di mercoledì, la moglie e la figlia di 16 anni, e di aver tentato di uccidere anche suo figlio, era stato trasferito nuovamente dal carcere all’ospedale di Monza, da dove era stato dimesso nella mattinata. Non ha dunque potuto sostenere l’interrogatorio di garanzia che era previsto per venerdì mattina davanti al giudice per le indagini preliminari Luisa Bovitutti, che ora dovrà attendere le dimissioni dall’ospedale al fine di poter interrogare il 57enne.
Le parole dei legali
“Non siamo ancora riusciti a parlargli, non è in condizioni di sostenere una conversazione“, hanno spiegato i legali di Maja, Enrico Milani e Sabrina Lamera, i quali hanno confermato il suo ricovero nel reparto di psichiatria. L’udienza di venerdì è stata posticipata, e il giudice si è riservato di decidere sulle richieste del pm per la convalida del fermo nonché sulla richiesta di custodia cautelare in carcere. “Non appena verrà data comunicazione che Maja potrà sostenere l’interrogatorio, il giudice convocherà l’udienza”, hanno dichiarato i legali: “I medici hanno fatto sapere che il suo stato di salute è incompatibile per la permanenza in carcere“.
La confidenza della figlia di Alessandro Maja al nonno
Giovedì sera, a La vita in diretta, Giulio Pivetta, il nonno materno della figlia di Maja uccisa dal padre, Giulia, aveva rivelato un inquietante particolare che la nipote gli aveva detto la sera prima della strage. “È successo qualcosa di strano stanotte, papà è venuto sul mio letto e mi ha chiesto scusa”, ha dichiarato la ragazza al nonno. Pivetta ha raccontato che, fino a pochi mesi fa, Alessandro Maja “era una persona squisita, specialmente con Giulia, che era sempre abbracciata al suo papà”. Ma “in questi ultimi tempi – ha dichiarato il padre di Stefania Pivetta – era cambiato radicalmente, parlava poco, insistevamo a dire “cosa non va?” e lui non ci ha mai detto di cosa si trattava”.
