Enrico Manieri analizza il caso Garlasco: una macchia di sangue mai considerata prima potrebbe cambiare le carte in tavola.
Il caso Garlasco torna sotto i riflettori a 18 anni dal tragico omicidio di Chiara Poggi, la giovane ventiseienne trovata senza vita nella villetta di via Pascoli. Le indagini, che hanno portato alla condanna di Alberto Stasi, sono state recentemente riaperte grazie a nuovi approfondimenti scientifici. Protagonista è Enrico Manieri, esperto di Bloodstain Pattern Analysis (BPA) e ricostruttore di scene del crimine in 3D, già consulente nel caso Pacciani.

«Sul telefono fisso c’è una macchia di sangue mai analizzata prima»
Usando fotografie della scena del crimine, Manieri, insieme al figlio Marco, ha ricreato in 3D l’ambiente del delitto. Durante queste analisi ha notato una macchia di sangue sotto la cornetta del telefono, vicino alle scale dove fu trovato il corpo di Chiara. «Ho studiato una piccola macchia di sangue sotto la cornetta del telefono (a poca distanza dalle scale dove è stato ritrovato il corpo di Chiara) prodotta da una inclinazione della goccia rispetto alla base del telefono compresa tra i 15 e i 20 gradi», spiega l’esperto come riportato da larena.it.
Secondo Manieri, «quell’inclinazione dimostrerebbe che la cornetta in quei momenti era sollevata. E questo è un elemento che in passato non era mai stato preso in considerazione nella ricostruzione che portò alla condanna di Stasi». Ulteriori conferme sarebbero arrivate dai RIS di Cagliari: «Dalle analisi dei Ris di Cagliari l’inclinazione di quella goccia è di 19 gradi. Confermerebbe quanto avevo detto pubblicamente tempo fa». Come scritto da larena.it
«Quel giorno nella villetta c’erano più persone»
Ma non è l’unico dettaglio inedito. Manieri afferma con decisione: «Quella mattina in casa Poggi c’erano più persone». A sostegno di questa ipotesi, cita la relazione autoptica: «Lo evidenzia anche l’impronta descritta nella relazione autoptica del medico legale che rileva una macchia sulla coscia sinistra di Chiara con una suola diversa, a quadretti, rispetto a quella, a pallini, vicino al corpo». Come riferito da larena.it
Per quanto riguarda l’arma del delitto, l’esperto osserva: «Dalle foto si vede un portavaso in ferro battuto. Con mio figlio abbiamo ricostruito la scena. Tutte le ferite sul viso e sulla tempia di Chiara corrispondono a quel portavaso. C’è una coincidenza completa». E aggiunge: «Il fatto che il portavaso fosse lì presente con un contenitore per l’acqua in ottone potrebbe far venire meno anche la premeditazione». Come riportato da larena.it dove è possibile visualizzare le foto.
Manieri precisa infine: «Quando ho pubblicato i video sul mio canale Youtube ho informato la difesa di Stasi e la Procura» e «Lo faccio a titolo gratuito, non mi prendo nessun merito, indico solamente una possibile strada. Non do nemmeno giudizi, faccio il tecnico».