Le detenute del carcere di Torino si ribellano contro il “trattamento” riservato a Ilaria Salis: la risposta dell’eurodeputata.
Le detenute del carcere femminile di Torino hanno alzato la voce contro l’eurodeputata Ilaria Salis ponendo una domanda provocatoria: “Perché lei è tornata libera e noi no?“.
In una lettera scritta collettivamente, le donne detenute esprimono la loro frustrazione e minacciano uno sciopero della fame. Ecco la risposta dell’eurodeputata.
La drammatica lettera delle detenute del carcere di Torino
La lettera delle detenute, riportata da Affaritaliani.it, è un grido di dolore che mette in luce l’emergenza del sovraffollamento nelle carceri italiane.
Le detenute chiedono che la stessa indignazione manifestata per la condizione carceraria dell’eurodeputata in Ungheria, venga estesa a tutti coloro che si trovano ristretti nelle carceri italiane.
“Ora candidateci tutte“, con questa provocazione – riferita al caso di Ilaria Salis – le detenute chiedono attenzione e giustizia per tutte le persone incarcerate.
Mettendo, dunque, in discussione un sistema che spesso sembra ignorare i diritti umani fondamentali.
La risposta di Ilaria Salis
La risposta di Ilaria Salis non si è fatta attendere. Intervistata da La Stampa, l’eurodeputata ha espresso piena solidarietà alle donne detenute.
“Quelle ragazze, quelle donne, hanno assolutamente ragione. Hanno tutta la mia solidarietà“, afferma l’attivista.
Inoltre, ha evidenziato come il problema del sovraffollamento nelle carceri italiane sia ormai arrivato a livelli insostenibili, con punte del 200% in città come Milano.
Ricordando la sua esperienza nel carcere in Ungheria, Salis sottolineando come quella situazione le abbia permesso di comprendere a fondo la disperazione che si vive in carcere.
“Non ho mai pensato di ammazzarmi. Ma mi sento di dire che capisco quel genere di disperazione (…) Quando sei solo, cambia tutto“, afferma.
Ha, infine, concluso l’intervista con un appello accorato alla necessità di rendere il carcere un luogo più umano. “Per migliorare il carcere, c’è solo una cosa da fare: renderlo più umano“.