Parole svuotate riflettono un’umanità in crisi
Una volta, tanto tempo fa purtroppo, quando ero un giovane aspirante semiologo, ci dicevamo fra di noi: dimmi quante parole hai e ti dirò chi sei. Oggi le parole del dibattito pubblico sono sempre di meno e alcune, di queste parole, sono decisamente abusate.
Sostenibilità è un esempio che vale tutti gli esempi, la semantica si logora con l’uso-abuso, si allarga, si appiattisce, si svuota. Anche la parola “umanità” non è da meno e trascina nel vortice pure il suo contrario “disumanità”.
Lasciare un bracciante ferito senza un braccio per terra e non soccorrerlo è una cosa “disumana”. Dunque non-umana, non dell’essere umano, almeno quello civilizzato, evoluto, che vive nelle democrazie occidentali.
Il bracciante si chiamava Singh, era indiano, ed è morto per sanguinamento colposo. Cioè non è stato aiutato da nessuno. Non è successo in una terra di frontiera sconvolta dalla guerra, ma nell’Agro pontino, non tanti chilometri a sud di Roma, la nostra capitale.
Le polemiche politiche qui non mi interessano, né le doverose inchieste sul caporalato. Mi interessa qui che fine ha fatto il contenuto umano di quella parola, cosa c’è ancora del rispetto per l’essere umano in quella parola. Ma la cronaca di questi tempi “disumani” non si ferma qui.
A Pescara, non in una terribile e insicura megalopoli del mondo, due giovanissimi italiani (figli di notabili della città) hanno ucciso a coltellate un coetaneo di origini albanesi in modo cruento: pugnalate a turno, calci e sputi mentre la vittima agonizzava per terra.
Poi via al mare a ballare con la comitiva, una tragica movida intrisa di indifferenza e ferocia. Niente rimorso, niente pietà, tutte parole contigue al termine principale della nostra riflessione. Cos’hanno dunque più di umano questi ragazzi?
Che hanno nella loro capoccia ormai vuota questi ragazzi, speriamo non tutti nostri ragazzi? Ma la vita vale davvero un debito per droga di 200 euro? Ma davvero come sembra si cancella un essere umano per una questione di onore? Anche qui, di quale onore parliamo?
Se è di quello atavico che tante follie ha giustificato anche nei vecchi codici penali altro che patriarcato allora, tra poco saremo ai duelli medievali per stabilire la verità nei fatti.
La cronaca è il sale del giornalismo ma spesso facendo il suo lavoro inietta veleno nei nostri cuori. Noi però questo dobbiamo fare, noi li raccontiamo i fatti, senza dimenticare mai la pietas, diceva il mio maestro Eduardo De Filippo. Il problema è che l’uomo sta dimenticando la sua umanità.