Pasquale Striano si apre sulla sua controversa condotta investigativa, tra confessioni e accuse verso il sistema.
Pasquale Striano, ex luogotenente della Guardia di Finanza e figura centrale dell’indagine dossieraggio, si è aperto in una serie di dichiarazioni che oscillano tra l’ammissione di colpevolezza e la difesa della sua condotta “non ortodossa“.
Al centro di un’indagine della procura di Perugia, guidata da Raffaele Cantone, Striano sceglie il silenzio ufficiale ma non esita a condividere i suoi pensieri con la stampa, dipingendo un quadro complesso delle sue azioni e del contesto in cui si sono svolte.
Scandalo dossieraggio: le dichiarazioni di Striano
Striano giustifica i suoi metodi investigativi, ammettendo l’uso di tecniche non convenzionali ma sostenendo di aver agito “per fare le indagini come si deve“.
Come riportato da Dagospia.com, questa sua visione si scontra con l’immagine di un sistema giudiziario che, a suo dire, inventa accuse per amplificare una vicenda altrimenti “ridicola”. L’ex ufficiale rivendica di aver agito sotto istruzione di figure autoritative, tra cui il procuratore Antonio Laudati, mettendo in luce una pratica apparentemente radicata all’interno dell’apparato investigativo.
Nel corso delle sue riflessioni, Striano non risparmia critiche alla Direzione nazionale antimafia (DNA), da lui descritta come una struttura superata e incapace di condurre indagini efficaci. Evoca la figura di Giovanni Falcone, suggerendo quanto la realtà attuale si discosti dall’ideale di giustizia che Falcone perseguiva. Queste osservazioni sollevano interrogativi sulla dinamica interna alla DNA e sulla lotta di potere tra i magistrati.
Striano si descrive come un combattente solitario, un “Serpico” italiano che ha messo in luce problemi critici all’interno delle forze di polizia: “La procura di Perugia non ha capito niente del mio lavoro“
Rivendicazioni e prospettive future
Nell’affrontare le accuse, Striano si attesta su tre linee difensive principali, negando l’esistenza di un “sistema” alle sue spalle e criticando la procura di Perugia per una presunta incomprensione del suo lavoro.
Rivendica inoltre di essere: “Sono la vittima di qualcosa che non è legato agli accessi” ma anche a questioni di natura economica e politica, come evidenziato dalla vicenda riguardante Guido Crosetto.
Conclude riflettendo sul suo metodo di lavoro, accettando la possibilità di critiche ma rimanendo fermo nella convinzione che il suo approccio abbia prodotto risultati validi: “I miei risultati arrivavano con questo metodo di lavoro. Sono a posto con la mia coscienza, poi che sia stato fatto tutto un po’ alla carlona, sono il primo a dirlo “.