Il duplice omicidio-suicidio di La Motta: i dettagli del caso

Il duplice omicidio-suicidio di La Motta: i dettagli del caso

Emergono alcuni nuovi dettagli sul caso del duplice omicidio sfociato poi nel suicidio dell’ergastolano in permesso, Salvatore La Motta.

A Catania continuano le indagini sul caso del duplice omicidio commesso da Salvatore La Motta, ergastolano in permesso. La vicenda si è poi conclusa con il suicidio di quest’ultimo di fronte alla caserma dei carabinieri.

La vicenda è accaduta precisamente a Riposto. Ancora non è chiaro l’esatto movente che ha spinto l’uomo a commettere un tale gesto, ma secondo gli inquirenti potrebbe trattarsi con molta probabilità di un delitto passionale. Le vittime sono due donne, Carmelina Marino e Santa Castorina.

I due omicidi sono avvenuti durante la mattinata di sabato: La Motta stava godendo di una licenza premio. Alla luce della grave situazione verificatasi, anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio è intervenuto sulla vicenda, chiedendo all’Ispettorato generale di avviare urgenti accertamenti preliminari sui tragici fatti.

Il ritrovamento dei due cadaveri è avvenuto la stessa mattina degli omicidi, l’11 febbraio. Salvatore La Motta aveva avuto in precedenza una relazione sentimentale con Carmelina Marino, la prima vittima, di 48 anni. La donna era madre di due figli. Questa conosceva la seconda vittima, la 50enne Santa Castorina, di professione baby sitter.

L’appuntamento con le vittime

Secondo le forze dell’ordine La Motta avrebbe dato appuntamento alle due donne presentandosi sul posto con una pistola, già cosciente di ciò che avrebbe fatto di lì a poco. Il primo appuntamento era fissato per le 8:30 del mattino, con Carmelina Marino. L’assassino le ha sparato un colpo al viso, uccidendola mentre era ancora all’interno della sua auto, una Suzuki. L’omicidio è avvenuto nei pressi di un distributore di benzina, sul lungomare Pantano.

Poi il secondo incontro, alle 10:45, con Castorina. Anche lei uccisa con un colpo di pistola al viso, mentre si trovava ancora all’interno della sua auto, una Fiat Panda. Dopo, intorno alle 12:00, l’uomo si è recato davanti alla caserma dicendo di volersi costituire. In mano aveva ancora la pistola utilizzata per gli omicidi, e gli agenti – che lo avevano sotto tiro – gli hanno intimato di fermarsi. La Motta però non ha ascoltato gli inquirenti, e si è sparato un colpo.

La telefonata con il legale

Dopo aver commesso i due omicidi, La Motta ha risposto al telefono al suo avvocato. Sapeva già di essere ricercato, infatti aveva dichiarato al legale la sua intenzione di costituirsi. Le sue parole, riportate da Fanpage.it, sono state: “Avvocato sto venendo, vengo io”.

L’avvocato dell’uomo, da parte sua, ha spiegato: “Ho chiamato La Motta utilizzando il viva voce e gli ho detto di costituirsi ai carabinieri, di dirmi dove si trovava che potevano andare a prenderlo e sapendo che poteva contare sulla mia presenza per l’immediata assistenza legale. Lui mi ha risposto ‘sto venendo, vengo io'”.

Poi il gesto estremo. “Aveva un’arma in mano e mi ha chiamato ‘Antonio’, con il mio primo nome, i carabinieri gli hanno intimato di posare la pistola, e poi ho sentito lo sparo. Mai avrei immaginato che potesse accadere tutto questo. Non c’è stato nessun segnale pregresso, nessuno. Impensabile. Era un detenuto che aveva usufruito dei permessi di legge per buona condotta: lavorava a Riposto, prima in un panificio, poi in una rivendita di formaggi. Durante i due anni di Covid dormiva a casa della sua famiglia, dal 3 gennaio, finita l’emergenza pandemica, rientrava la sera al carcere di Augusta, nel Siracusano”.

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