Dopo il malore del 1° dicembre, Edoardo Bove racconta il suo percorso di recupero. “Non escludo l’Italia, sto parlando con la Roma”.
Sono passati dieci mesi da quel 1° dicembre in cui Edoardo Bove, durante Fiorentina‑Inter, si è improvvisamente accasciato a terra. Un episodio che ha scosso il mondo del calcio italiano, e che ha segnato profondamente la carriera e la vita del giovane centrocampista. Da allora, il suo obiettivo è rimasto uno solo: tornare in campo, con determinazione e lucidità.
“Non riesco a star fermo, devo muovermi, gioco a padel, ho la palestra in casa. Il prossimo passo è il ritorno in campo. Bisogna fissare il come, il dove e quando. Chi lo fissa? Edoardo…”, racconta nell’intervista al Corriere dello Sport come riportato da sportmediaset.mediaset.it.

Un percorso medico rigoroso, tra visite e controlli
La strada per il ritorno all’attività agonistica è lunga e costellata di esami. “Le visite saranno state una decina, molte di semplice controllo, elettrocardiogramma, prove sotto sforzo, holter pressorio, oltre a aritmologiche e a studi elettrofisiologici. Sono preparato. I medici hanno giustamente tutte le cautele…”, spiega Bove.
Nonostante le difficoltà, l’atleta si mostra fiducioso: “Ci vuole ancora un po’ di tempo, ma sento che si sta chiudendo il cerchio”.
Italia, Roma e una legge da superare
Uno degli ostacoli principali al ritorno in campo in Italia è la legge che non consente la pratica agonistica a chi ha un defibrillatore. Su questo punto Bove si mostra cauto ma aperto: “Non escludo niente. I medici non sono ancora giunti a una conclusione, potrei anche essere a posto. Ho la piena consapevolezza della situazione, sto da Dio e ho una gran voglia di tornare alla mia passione”.
Il legame con la Roma, sua squadra di appartenenza, resta saldo: “Stiamo parlando con la Roma. Sono sotto contratto fino a giugno 2028, è ancora lunga”.
Bove racconta anche il lato umano di questa esperienza: “Quando mi sono ritrovato senza certezze, ho attraversato una crisi che definirei d’identità. In fondo ringrazio il destino perché mi ha fatto capire tante cose. Non ho paura del futuro”.
E aggiunge un pensiero sul contatto con Eriksen: “Ci siamo sentiti più di una volta, nei primi giorni e anche in estate. Abbiamo qualcosa in comune, pur non conoscendoci di persona. Me lo sento vicino”.
Infine, un ricordo speciale: “In estate ho sentito Mourinho, il mio papà calcistico. Si era fatto vivo subito, a dicembre, con mio padre che lo adora”.