Nel 2024 l’Italia registra i costi energetici più alti tra i grandi Paesi europei, penalizzando le esportazioni.
In un contesto globale sempre più competitivo, l’efficienza energetica rappresenta un fattore chiave per la sopravvivenza e la crescita delle imprese, l’energia non è solo una voce di costo: è un elemento determinante nella formazione dei prezzi, nella produttività e nell’attrattività commerciale di un Paese. Mentre molte nazioni europee hanno accelerato la propria transizione verso fonti rinnovabili, l’Italia continua a fare i conti con una struttura energetica ancorata a dinamiche del passato.

Energia, un problema strutturale per l’economia italiana
La dipendenza dal gas naturale, che rappresenta ancora una quota significativa del nostro mix energetico, espone il sistema nazionale a oscillazioni di mercato che altri Paesi riescono ad ammortizzare meglio. La Francia, con il suo nucleare, e la Spagna, con un’elevata produzione eolica, riescono a garantire ai loro operatori economici prezzi più stabili e contenuti. Questo squilibrio ha effetti diretti sulla competitività delle esportazioni italiane, che devono confrontarsi con concorrenti che operano in condizioni più favorevoli.
Le conseguenze sui settori energivori
I settori più colpiti da questa situazione sono quelli a forte consumo energetico, come la ristorazione, il turismo e la grande distribuzione. In questi ambiti, le bollette mensili possono superare i 10.000 euro, incidendo in modo significativo sui margini operativi. L’aumento dei costi rispetto al 2023 è stato del +24%, con ricadute dirette sui prezzi finali e sulla capacità di penetrare nei mercati esteri. In un’epoca in cui ogni dettaglio fa la differenza, pagare l’energia fino al 47% in più rispetto ai competitor francesi può rappresentare un ostacolo insormontabile per molte imprese italiane.
Secondo un’analisi del Centro studi di Unimpresa, nel 2024 l’Italia ha registrato il prezzo medio dell’energia elettrica più elevato tra i grandi Paesi europei: 109 euro per megawattora, contro i 78 euro della Germania, i 63 della Spagna e i 58 della Francia. Questo divario, che raggiunge un +47%, rappresenta oggi uno dei principali freni alla ripresa economica nazionale.