Esplosione porto Beirut, scontri con la polizia fuori dal Tribunale
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Direttore: Alessandro Plateroti

Esplosione porto Beirut, scontri con la polizia fuori dal Tribunale

Esplosione a Beirut

Protesta e 8 feriti fuori del Tribunale, per la decisione di rilasciare le 17 persone coinvolte nell’incendio di Beirut.

Erano le 18 passate quando il 4 agosto 2020 l’esplosione in un magazzino del porto ha devastato Beirut. In quanto i vari magazzini contenevano esplosivi e sostanze chimiche, il direttore generale della pubblica sicurezza dichiarò che l’esplosione fu stata causata dal nitrato di ammonio che era stato confiscato alla nave abbandonata Rhosus.

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Esplosione a Beirut
Esplosione a Beirut

L’incendio aveva scatenato la detonazione di quasi tremila tonnellate di nitrato d’ammonio. Una piccola esplosione seguita da una seonda molto più grande, tanto che i sismografi registrarono una magnitudo di 3.3. Per due settimane il governo libanese decretò lo stato d’emergenza, e si contarono 207 morti e circa 7 mila feriti. Trecentomila persone sono rimaste senza casa, mentre i danni sono stati stimati in oltre 10 miliardi di dollari.

La decisione di rilascio

All’indomani dell’esplosione del porto di Beirut, 17 persone sono state fermate dalle autorità. Oggi il Tribunale decide di rimetterle in libertà, ma la popolazione non è assolutamente d’accordo. Davanti al Palazzo di giustizia della capitale, iniziano così accese proteste e scontri violenti tra i manifestanti e la polizia.

A emettere l’ordine di rilascio è stato il procuratore della Corte di Cassazione Ghassan Oueidat, parte dell’élite politica che è accusata di essere responsabile dello stoccaggio illegale, per ben sette anni, delle 2750 tonnellate di nitrato di ammonio esplose nell’hangar n.12 dello scalo marittimo. Il giudice Tareq Bitar, nonostante le minacce di essere incriminato da Oueidat, non ha alcuna intenzione di rinunciare alle indagini.

Le proteste

Intanto la Croce Rossa è intervenuta sul posto per medicare alcuni feriti, e la polizia ha usato gas lacrimogeni e manganelli per cercare di far disperdere la folla. I familiari delle vittime hanno denunciato un golpe politico, giudiziario e di sicurezza. “È come se ci uccidessero ancora e ancora. Non ci sono leggi o indagini in Libano. La nostra unica speranza è la comunità internazionale”.

In giornata è previsto un incontro dell’Alto consiglio giudiziario per discutere dell’inchiesta di Bitar, ma è probabile che non avvenga realmente in quanto il Consiglio, che dovrebbe essere composto da dieci membri, al momento ne ha solo sette.

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ultimo aggiornamento: 26 Gennaio 2023 15:52

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