F1, caso Horner e la ribellione di una dipendente: la controffensiva interna alla Red Bull non smette di finire.
In una svolta inaspettata, il Caso Horner riemerge nelle cronache di Formula 1, segnando un nuovo capitolo nella saga giudiziaria che vede coinvolta una dipendente della scuderia Red Bull. La lavoratrice, al centro di accuse per comportamenti inappropriati mosse verso il team principal Christian Horner, ha deciso di non restare in silenzio, annunciando un’imminente azione legale contro il suo licenziamento e la controversa assoluzione di Horner.
Una decisione coraggiosa
La dipendente, profondamente delusa dall’esito dell’indagine interna, che ha visto Horner completamente scagionato, opta per un cambio radicale di strategia legale. Dopo aver sostituito il proprio pool di avvocati, lancia una controffensiva giudiziaria mirata a rivendicare la propria posizione e a contestare le conclusioni dell’indagine che l’ha vista marginalizzata e, infine, licenziata.
I risvolti della denuncia
La battaglia legale si annuncia complessa e dai contorni ancora indefiniti. La denuncia, inizialmente avanzata in sordina già a dicembre, getta una lunga ombra sul clima interno alla scuderia austriaca. Nonostante i successi in pista, con una brillante doppietta di Max Verstappen, la Red Bull si ritrova a navigare in acque turbolente, con una vicenda che minaccia di offuscare l’immagine di uno dei team più titolati della Formula 1.
L’indagine interna, ufficializzata solo a febbraio, ha sollevato non poche perplessità, con accusatori anonimi che hanno addirittura condiviso online prove compromettenti. Personalità di spicco all’interno del mondo della F1, come Helmut Marko e Oliver Mintzlaff, nonché Jos Verstappen, si sono espresse con opinioni contrastanti, riflettendo la divisione interna e l’alta tensione che percorre i corridoi del team.
La dipendente non si trova sola in questa sua battaglia: il sostegno arriva anche da ambiti esterni alla F1, con il gruppo rock U2 che entra nella disputa con un gesto simbolico di solidarietà. La canzone “Don’t be horny, be Christian” si fa eco del movimento Me Too, sottolineando l’importanza della lotta contro i comportamenti inappropriati nei luoghi di lavoro.
Mentre il caso continua a evolversi, con un esito ancora tutto da scrivere, la dipendente si affida al giudizio delle aule di tribunale per trovare giustizia. La sua storia rappresenta non solo una personale ricerca di riscatto ma anche un momento di riflessione più ampio sulle dinamiche di potere e sul rispetto dei diritti dei lavoratori nel mondo dello sport e oltre.