Inizia la fase 2 dell’emergenza coronavirus: l’economia italia prova a rimettersi in moto tra polemiche e problemi.
Fase 2, Italia al lavoro. L’economia italiana prova a rimettersi in moto e lo fa con quattro milioni e mezzo circa di lavoratori che torneranno ad animare e a far vivere fabbriche e cantieri. E qualche ufficio.
Fase 2 in Italia, tornano a lavoro 4,5 milioni circa di persone
Dopo lo stop – brusco e catastrofico dal punto di vista economico – dovuto all’emergenza sanitaria, il mondo del lavoro prova a ri-mettersi in moto. E lo fa imparando a convivere con il nuovo virus. Nulla è come prima. Né sul posto di lavoro né sui mezzi pubblici. Misurazione della temperatura, distanziamento sociale, guanti, mascherine e gel disinfettanti. È questo il nuovo panorama italiano, ma potremmo dire mondiale. Un nuovo panorama al quale ci dovremmo abituare.
Chi riapre il 4 maggio
Il 4 maggio riparte in Italia il mondo dell’edilizia, quello del commercio all’ingrosso (legato però alle attività aperte). Riaprono le porte i bar e i ristoranti, che potranno però effettuare solo il servizio di consegna a domicilio e il servizio da asporto. Per l’apertura vera e propria bisognerà aspettare fino al prossimo 18 maggio se non al 1 giugno. Dipenderà dall’andamento dei contagi sui diversi territori (di seguito i codici ATECO delle aziende che riaprono il 4 maggio).
Il problema ‘geografico’
Secondo i dati forniti dalla Fondazione studi dei Consulenti del lavoro,, quasi tre milioni di persone che torneranno al lavoro sono attive nel Nord Italia. Un milione circa in Lombardia. Viene da sé che il Sud Italia protesta e parla di uno squilibrio evidente per quanto riguarda la ripresa economica.
Fase 2 e sicurezza sul lavoro
Nelle scorse settimane e nei giorni scorsi, il numero uno della CGIL Maurizio Landini si è concentrato sul tema della sicurezza sul lavoro: “Abbiamo fatto un protocollo per cui si lavora solo se ci sono le condizioni di sicurezza. Oggi è il momento della responsabilità“. Insomma, una parte dell’Italia del lavoro riapre ma tra mille preoccupazioni e con poche certezze.
Gli scontenti
Ovviamente c’è una lunga schiera di scontenti, che sono certi di poter riprire rispettando i protocolli di sicurezza e che invece sono costretti dal calendario del governo a tenere chiusi i battenti.
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