La posizione senza peli sulla lingua di Vittorio Feltri contro le “diavolerie normative” relative ai divieti sul fumo e sulle sigarette.
Non le manda a dire Vittorio Feltri nel suo ultimo editoriale per Il Giornale a proposito dei divieti sul fumo e sulle sigarette. Il giornalista, rispondendo ad un attento lettore, ha dato la sua visione su quelle che lui stesso ha definito “diavolerie normative” sull’argomento. Emblematico il suo pensiero, fin dal titolo scelto per esporre il tutto: “Lasciateci almeno la libertà di fumare”.
Feltri e i divieti sul fumo
“Al chiuso non si può fumare, all’aperto non si può fumare. Qualcuno deve spiegarci dove ci è consentito accendere una sigaretta senza incorrere in multe e infrazioni, godendone per qualche minuto in santissima pace”. Sono queste le parole con cui Vittorio Feltri ha scelto di rispondere al suo lettore de Il Giornale nel corso dell’ultimo editoriale.
“Da fumatore accanito quale mi pregio di essere, sono a dir poco scocciato da tali diavolerie normative architettate e partorite dalle pervertite menti progressiste, le quali pretendono di educare il popolo, in pieno stile Stato etico, poiché amministrare la cosa pubblica non basta loro. Ed ecco allora che il cittadino viene punito, penalizzato, perseguitato, perseguito, multato per un comportamento che riguarda una sua libera e legittima scelta personale la quale non danneggia nessuno“.
Il giornalista ha proseguito il suo pensiero facendo del sarcasmo e dicendo: […] Da gennaio ce ne andremo in giro, dunque, muniti di metro al fine di misurare la distanza esatta tra noi e chiunque altro, che non deve essere al di sotto dei dieci metri qualora intendiamo farci una sigaretta senza pagarla cara. E se mentre la fumiamo, dopo esserci premuniti di rispettare determinati prerequisiti, qualcuno ci si avvicina, serve che scappiamo o che poniamo costui in guardia […]”.
L’affondo alla sinistra
Dopo aver chiamato in causa anche il sindaco di Milano Beppe Sala, Feltri ha proseguito: “[…] L’amministrazione rossa ha dimostrato indifferenza e insensibilità nei riguardi di quelle categorie di lavoratori e quei nuclei familiari sulle cui tasche determinati provvedimenti hanno inciso negativamente. Adesso, come se non fosse sufficiente, incontriamo ostacoli anche nel godimento di uno dei pochi piaceri rimastici, ossia quello di fumare, non dico una canna, cosa che ai comunisti è sempre gradita tanto che vogliono liberalizzare completamente il consumo di certa roba, ma una semplicissima sigaretta […]”.
“Sono convinto che l’unica vera esigenza inseguita da Sala e dai suoi, ossessionati dalla salubrità dell’etere, sia quella di moralizzare la popolazione e di menarla su quella che essi ritengono la retta via, inducendola con le cattive, ossia mediante l’esercizio di una coercizione indiretta ma non per questo meno soffocante, ora a non adoperare l’automobile, ora a muoversi a piedi, ora ad utilizzare la bicicletta, ora a non fumare né al chiuso né all’aperto, sempre in nome di un ecologismo e di un salutismo schizofrenici e fortemente ideologici, che non soltanto non ci salvano i polmoni ma ci spaccano anche il fegato […]”.