Fiat Dino: la coupé del Lingotto con l’anima Ferrari

Fiat Dino: la coupé del Lingotto con l’anima Ferrari

Nata per consentire al Cavallino Rampante di gareggiare in F2, la Fiat Dino raccolse l’eredità della 2300 S Coupé.

La Dino è un modello di auto sportiva prodotta dalla Fiat tra il 1966 ed il 1972. Realizzata in meno di 8.000 esemplari, e solo in versione coupé e spider, fu il risultato di un accordo tra il Lingotto e la Ferrari; non a caso, il modello prende il nome da Alfredo (detto ‘Dino’) Ferrari, autore del progetto per la realizzazione dei motori poi utilizzati per la versione stradale della Dino.

La nascita della Fiat Dino

Nel 1965 la Ferrari stipula un accordo con la Fiat per la realizzazione di un motore che dovrà sospingere la monoposto della Casa di Maranello nel campionato di Formula 2. Questa collaborazione è resa necessaria dal regolamento vigente all’epoca: per correre nella categoria F2, la Ferrari deve utilizzare un motore – al massimo un 6 cilindri – di cilindrata non superiore a 1.6 litri derivato da uno prodotto in serie già utilizzato per una vettura della quale sono stati realizzati almeno 500 esemplari.

Quasi nello stesso periodo, la Fiat aveva in cantiere il progetto per la produzione di un nuovo modello che sostituisse la 2300 S Coupè. Sulla base di tali circostanze e delle reciproche esigenze, il Lingotto e la scuderia del Cavallino Rampante si accordarono affinché la Fiat costruisse un modello di auto in grado di accogliere il motore V6 progettato e costruito a Maranello.

Scheda tecnica Fiat Dino

La Fiat Dino coupé misura 4.107 mm di lunghezza, 1.700 mm di larghezza ed è alta 1.245 mm, con un passo che misura 2.256 mm. La versione spider, invece, è più lunga (di 407 mm), è più larga (appena 9 mm in più) ed è più alta (1.315 mm) ma ha un interasse che misura 6 mm in meno.

Per quanto riguarda il motore Fiat Dino, prima di dare il via alla produzione fu necessario risolvere alcuni problemi. La cilindrata massima entro cui doveva rientrare la Ferrari (1.6 litri) non era sufficientemente potente per raccogliere l’eredità lasciata dal brillante 6 cilindri in linea della 2300 S e perciò bisognava trovare un compromesso. Il risultato fu un motore a sei cilindri con architettura a V stretta (65°) da 2.0 litri per la Dino stradale e 1.6 per la versione destinata alla competizione. La nuova unità di propulsione, con testa e basamento in lega leggera e distribuzione con quattro alberi a camme in testa, fu progettata dall’ingegner Giancarlo Bussi.

Il motore da 1.987 cc di cilindrata è in grado di erogare una potenza di 160 CV a 7.200 giri al minuto; abbinato ad una trasmissione manuale a 6 rapporti (inclusa la retromarcia) dotata di differenziale autobloccante, è in grado di spingere la Dino oltre i 200 km/h. Nel 1969, le unità destinate alla Dino stradale di serie vennero aggiornate: per contrastare la deformazione delle canne dei cilindri, l’ingegner Aurelio Lampredi aumentò la cilindrata fino a 2.418 cc,; contestualmente, venne aumentata anche la potenza erogata (180 CV) e venne introdotta una nuova trasmissione (cambio ZF a cinque marce).

Anche lo schema delle sospensioni varia in base alla potenza del motore. I modelli sospinti dal 2.0 litri montano sospensioni a ruote indipendenti, con trapezi, molle elicoidali, barra stabilizzatrice e ammortizzatori idraulici telescopici all’anteriore; quelle posteriori, invece, sia sulla coupé che sulla Fiat Dino spider sono ad assale rigido, con balestre semiellittiche a folia unica, puntoni di reazione longitudinali e doppi ammortizzatori idraulici telescopici. Le Dino spinte dal motore da 2.4 litri, invece, al posteriore sono equipaggiate con sospensioni a ruote indipendenti, con bracci triangolari, molle elicoidali, barra stabilizzatrice e ammortizzatori idraulici telescopici.

A completare il quadro delle specifiche tecniche vi sono i freni a disco Girling sulle quattro ruote e la frizione a disco singolo; sulla Dino 2.0 ha un diametro di 215 mm mentre sui modelli con motore da 2.4 litri il diametro raggiunge i 228 mm.

Fonte immagine: https://www.flickr.com/photos/thecarspy/4993028010?fbclid=IwAR24wUVH27Awliwt1cve5YNLi8SVCTVyHM_KU6CTEt4z85WLP7kR_2liwbQ

Design e interni

Dal punto di vista stilistico, la Dino si inserisce perfettamente nel contesto in cui viene ideata e prodotta. La carrozzeria coupé si contraddistingue per il profilo filante: l’anteriore, con il cofano leggermente discendente, accoglie una coppia di doppi fanali dalla forma rotonda all’interno di una calandra rettangolare con pattern a esagoni ribassati; subito al di sotto si sviluppa la fascia paraurti cromata in rilievo che separa la griglia dalla presa d’aria sottostante.

La fiancata si sviluppa in maniera estremamente regolare. Fatta eccezione per i passaruota, la superficie laterale è omogenea, interrotta soltanto dall’inserto cromato che corre all’altezza del margine inferiore della portiera. Grazie ad un montante anteriore molto sottile ed all’assenza di quello centrale, le superfici trasparenti sono piuttosto ampie, tutte incorniciate da profili cromati. Il posteriore della Dino coupé si caratterizza per l’andamento fastback; gli elementi principali sono la fanaleria – che presenta uno sviluppo orizzontale – e la fascia paraurti cromata.

La Dino spider, disegnata da Pininfarina, presenta alcune differenze. L’anteriore sfoggia passaruota più prominenti e un cofano che declina in maniera più decisa; gli indicatori di direzione non si trovano nella fascia paraurti ma di fianco ai fanali; anche la calandra presenta motivi geometrici diversi. Per il posteriore, la Fiat scelse fanali doppi di forma rotonda.

Per quanto riguarda gli interni Fiat Dino, lo stile è quello tipico delle Gran Turismo della seconda metà degli anni Sessanta. Il design è a cura di Marcello Gandini, che affiancò Giorgetto Giugiaro (a sua volta coinvolto nel progetto da Bertone) anche nel processo di progettazione degli esterni. Trattandosi di un modello di fascia alta, non mancano né una dotazione completa di accessori né finiture con materiali di pregio.

Di grande impatto il volante in legno a tre razze e gli inserti in legno che impreziosiscono la plancia, il quadro strumenti e le portiere. La console centrale, in materiale plastico di colore nero, ospita i comandi e la leva del cambio; gli interni della spider presentano un’impostazione simile ma prediligono profili più tondeggianti; in particolare, il quadro che accoglie la strumentazione analogica si sviluppa maggiormente in lunghezza.

La dotazione di serie comprendeva anche gli alzacristalli elettrici (non molto diffusi all’epoca) e il sistema di climatizzazione simile ai moderni ‘bi-zona’. Da notare, infine, che la Dino Spider era omologata per 2+2 posti mentre la coupé per quattro posti effettivi.

Fonte immagine: https://www.flickr.com/photos/nzcarfreak/7194175396

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