La carezza dell’infermiera ad un bambino di sette mesi: la foto simbolo della terza ondata

La carezza dell’infermiera ad un bambino di sette mesi: la foto simbolo della terza ondata

La foto simbolo della terza ondata è la carezza dell’infermiera ad un bambino di sette mesi. L’immagine è diventata virale in poco tempo.

ANCONA – Una carezza dell’infermiera ad un bambino di sette mesi positivo al coronavirus. E’ questa la foto simbolo della terza ondata. Un’immagine, come riportato dal Corriere della Sera, immortalata i primi di marzo e diventata virale poco dopo.

Per il piccolo qualche giorno in ospedale (anche per un piccolo intervento all’intestino n.d.r.) e il ritorno a casa per continuare la sua convalescenza. La foto sembra essere destinata a rimanere nella storia di questa nuova ondata.

Simonini: “Istantanea ripresa dalle telecamere”

A spiegare la natura di questa immagine è stato Alessandro Simonini, direttore del Reparto di Rianimazione dell’Ospedale Pediatrico Salesi di Ancona ai microfoni de Il Resto del Carlino: “Questa foto è una istantanea ripresa dalle telecamere che ci sono all’interno del reparto di Rianimazione, perché ovviamente nessuno può entrare. Con il bimbo c’è una infermiera, che cerca di coccolarlo e di non farlo sentire solo“.

Operatrice sanitaria che ha preferito mantenere il massimo riserbo sulla sua identità. A differenza delle altre immagini, questa volta l’infermiera ha deciso di non farsi riconoscere. E le protezioni non consentono di arrivare all’identità della persona che si è dedicata 24 ore su 24 al bambino.

Terapia intensiva coronavirus

Simonini: “Abbiamo cercato di fare il massimo per non farlo sentire solo”

Le condizioni del piccolo sono in miglioramento, ma il periodo appena trascorso non è stato dei più semplici. “Il bambino – ha spiegato Simonini – ha avuto un problema digerente, che è una delle complicazioni più frequenti nel Covid quando colpisce i bimbi. Doveva essere sottoposto a un intervento molto delicato, ed essendo positivo al Covid, così come la mamma, abbiamo dovuto separarli. Però abbiamo cercato di fare il possibile perché il piccolo non si sentisse solo“.