Garlasco, spunta una relazione del 2024: l’ossessione di Alberto Stasi diventa un possibile movente dell’omicidio di Chiara Poggi.
Nei giorni scorsi si è tornati a parlare dei presunti video intimi tra Chiara Poggi e Alberto Stasi, attenzionando il commento del fratello della vittima, Marco Poggi. Ebbene, nelle scorse ore, è emersa anche una relazione redatta nel febbraio 2024 che analizza in profondità il profilo psicologico dell’ex fidanzato della vittima. Il documento è stato allegato al provvedimento con cui il tribunale di sorveglianza ha concesso la semilibertà a Stasi. Inoltre, offre nuove chiavi interpretative sul possibile movente del delitto.

L’assenza di empatia e i sentimenti repressi
Un ulteriore aspetto messo in luce dalla relazione riguarda la sfera emotiva di Alberto Stasi. Gli esperti hanno rilevato una significativa mancanza di empatia nei confronti della famiglia di Chiara Poggi. “Colpisce anche come, nella valutazione dell’empatia ed emotività, non vi siano accenni a quanto provato nel passato e nel tempo nei confronti dei genitori e parenti della vittima, o a sentimenti di rabbia, alle cause sottese e alle strategie di gestione“.
I giudici della sentenza d’appello bis, che ha ribaltato le due precedenti assoluzioni, avevano già evidenziato come il movente non fosse stato mai chiaramente individuato. Tuttavia, viene sottolineata la possibile connessione tra il crimine e i “gusti sessuali” di Stasi, insieme a difficoltà nel rapporto con la vittima. In particolare, si ipotizza che la giovane possa aver scoperto per caso, la sera del 12 agosto, alcune delle cartelle dal fidanzato.
Garlasco, l’ossessione di Alberto Stasi e la possibile parafilia
La relazione del 2024, redatta nell’ambito del percorso carcerario di Alberto Stasi, si concentra in particolare sulla sua condotta sessuale. Viene segnalata “la ossessiva visione di materiale pornografico fino alla sua meticolosa catalogazione nel pc, con tratti francamente eccessivi anche per un giovane alla scoperta della sessualità“.
Questo comportamento ha portato lo psicologo del carcere ad affrontare con lui la questione, ipotizzando “la possibile diagnosi di parafilia“. Si tratta de “la ricerca del piacere sessuale attraverso modalità non convenzionali“. Tuttavia, il professionista ha escluso la presenza di un vero e proprio disturbo. Limitandosi a rilevare “la sola presenza dei tratti di tale psicopatologia, in assenza dei requisiti che normalmente conducono alla diagnosi di vero e proprio disturbo parafilico“.
In questo contesto, si legge che tale ossessione potrebbe costituire un “possibile movente o quantomeno l’occasione del delitto“.