Delitto di Garlasco: la Procura Generale di Milano chiede la revoca della semilibertà ad Alberto Stasi. Ecco il motivo.
Mentre Andrea Sempio e la sua avvocata Angela Taccia ricevono minacce di morte, arriva la Procura Generale di Milano che ha deciso di intervenire presentando un ricorso in Cassazione per chiedere la revoca della semilibertà concessa ad Alberto Stasi. L’ex fidanzato di Chiara Poggi è attualmente detenuto e prossimo al completamento della pena.

Semilibertà per Alberto Stasi: la decisione del Tribunale
Nelle scorse settimane, come riportato dall’Ansa e Repubblica.it, il Tribunale di sorveglianza di Milano ha concesso ad Alberto Stasi il beneficio della semilibertà. La decisione è stata presa l’11 aprile, dai giudici affiancati da due esperti. La sentenza si è basata su una valutazione complessiva del comportamento dell’ex fidanzato di Chiara Poggi, descritto come rispettoso delle regole durante tutto il percorso carcerario.
Secondo quanto riportato, il detenuto avrebbe usufruito di “notevoli spazi di libertà” e la semilibertà gli era stata accordata con “il prosieguo dell’attività lavorativa in corso e l’appoggio abitativo presso lo zio“.
L’intervista contestata dalla Procura
Tuttavia, la Procura Generale ha ritenuto inaccettabile un episodio specifico avvenuto durante un permesso per un ricongiungimento familiare. Si tratta della partecipazione di Alberto Stasi a un’intervista televisiva per il programma Le Iene.
Il motivo del ricorso, come appreso da Ansa, è “la mancata richiesta di autorizzazione a rilasciare un’intervista” durante tale permesso. Secondo la Procura, questo fatto “avrebbe dovuto essere valutato diversamente dai giudici“. La questione dell’intervista non è nuova, diverse le polemiche già in sede di discussione davanti al Tribunale di sorveglianza. Secondo Giorgio Leggieri, direttore del carcere di Bollate, l’intervista non rappresentava una “infrazione alle prescrizioni“.
Questo giudizio era stato ritenuto sufficiente dal Tribunale per proseguire con la concessione del beneficio. Ora, però, il ricorso in Cassazione potrebbe rimettere tutto in discussione.