Gen Z e l’uso della punteggiatura: come scrivono i giovani oggi

Gen Z e l’uso della punteggiatura: come scrivono i giovani oggi

I giovani di oggi tra i 10 e i 19 hanno cambiato il loro rapporto con la punteggiatura: un fattore che può dire molto di loro.

Anche il modo di comunicare negli under 20 cambia con il passare degli anni. In particolare, la scrittura dei messaggi di testo diventa sempre più rapida tra i giovani. Questa velocità di scrittura però spesso porta con sé imprecisioni, soprattutto di punteggiatura.

telefoni cellulari

Poca attenzione sulla punteggiatura

Secondo la Zurich Polytechnic University (ETH), i ragazzi dai 10 ai 19 anni sono in grado di scrivere circa 10 parole in più al minuto rispetto a un quarantenne. Tuttavia, non prestare un’adeguata attenzione a ciò che si scrive – per farlo in maniera più veloce possibile – spesso porta a errori ed imprecisioni su accenti e punteggiatura.

Da uno studio dell’Università spagnola di Alcalá de Henares, infatti, emerge che 9 giovani su 10 non prestano attenzione al proprio modo di scrivere quando interagiscono sui social network. Il 20% degli studenti delle scuole medie e superiori invece afferma di scrivere come parla.

Come può mutare il significato di un messaggio

Questa rapidità di scrittura causa nei testi dei messaggi alcuni refusi, che a volte rischiano di distorcere completamente anche il significato del messaggio stesso.

Prendiamo l’esempio del punto alla fine di una frase: questo potrebbe creare distanza con l’interlocutore mostrandosi d’altra parte alquanto autoritari, come riferisce il New York Times. Attenzione però: se la stessa punteggiatura viene utilizzata con una persona adulta o anziana, il messaggio può essere visto invece come una forma di educazione.

Per quanto riguarda il punto e a capo, per i giovani non ha nessuna utilità in quanto ci sono già i confini della “nuvoletta” che racchiude il messaggio a delineare la conclusione del messaggio stesso. Quando però compare al termine di una frase, potrebbe indicare ostilità.

Eduardo Cruz, CEO e co-fondatore di Qustodio, evidenzia: “Il fatto che scrivano male quando sono in rete non significa necessariamente che i giovani siano in automatico cattivi scrittori in altre situazioni. La cosa più importante è che i genitori prestino attenzione non a come i loro figli scrivono, bensì a quello che scrivono“.