Il commissario UE Paolo Gentiloni annuncia il suo voto contrario al referendum sul Jobs Act, distanziandosi dalla posizione ufficiale del PD.
L’8 e 9 giugno 2025 gli italiani saranno chiamati a esprimersi su cinque quesiti referendari riguardanti lavoro e cittadinanza, ma Gentiloni e Schlein sembrano avere idea completamente opposte. Due di questi puntano a smantellare parti centrali del Jobs Act, la riforma del lavoro varata dal governo Renzi. Il Partito Democratico, guidato da Elly Schlein, ha promosso una mobilitazione nazionale per il voto favorevole su tutti i quesiti.

Il contesto politico del referendum
«La premier Meloni ha preso alle elezioni 12 milioni e 300 mila voti, se al referendum andassero a votare 12 milioni e 400 persone sarebbe un avviso di sfratto alla presidente del Consiglio», ha dichiarato Francesco Boccia, tra i più vicini alla segretaria del PD. L’obiettivo, infatti, sembra andare oltre il raggiungimento del quorum: superare numericamente i consensi ottenuti da Giorgia Meloni alle politiche del 2022.
Gentiloni rompe il fronte dem
Ma è all’interno dello stesso Partito Democratico che si è aperta una crepa significativa. Paolo Gentiloni, già premier, ministro e oggi commissario europeo, ha deciso di non allinearsi alla linea ufficiale. In un’intervista a La Stampa, ha chiarito: «Andrò a votare, anche per il ruolo istituzionale che ho ricoperto». Ma ha subito aggiunto: «Sul Jobs Act per coerenza voterò certamente no». E sul referendum per la cittadinanza ha invece detto: «Voterò sì».
Una posizione che ha diviso il partito. «Dovremmo occuparci del potere d’acquisto delle famiglie e degli stipendi bassi, piuttosto che promuovere un referendum che sembra una resa dei conti nel nostro album di famiglia», ha spiegato Gentiloni, raccogliendo l’appoggio di altri esponenti riformisti, come Giorgio Gori. Quest’ultimo ha commentato: «Il referendum è un tentativo di riavvolgere il nastro e tornare al mondo com’era prima. Bene, quello che sostengo è che è un ritorno impossibile».
Nonostante le divergenze, Elly Schlein mantiene la linea dei cinque sì. Ma la scelta di Gentiloni, che rappresenta una figura storica e moderata del partito, rischia di rendere ancora più difficile la compattezza interna del PD in un momento decisivo per la sinistra italiana. Il tutto come riportato da liberoquotidiano.it