Caso Giulio Regeni: una testimone racconta della visita sospetta dei 007 egiziani che richiesero il passaporto del ricercatore.
Il processo per la scomparsa e l’omicidio di Giulio Regeni ha recentemente accolto in aula una testimonianza chiave: quella di una cittadina tedesca.
La donna – all’epoca dei fatti – divideva l’appartamento con il ricercatore italiano e un altro coinquilino, Mohamed El Sayed. Conosciuta con il nome in codice “Beta“, la testimone ha descritto un episodio inquietante avvenuto poco prima di Natale del 2015.
Ovvero quando un presunto membro dei 007 egiziani si presentò a casa loro chiedendo la copia del passaporto del ricercatore.
Caso Giulio Regeni: i 007 egiziani e la richiesta del passaporto
La testimone “Beta“, che all’epoca dei fatti lavorava come insegnante di tedesco in una scuola privata del Cairo, ha rilasciato alcune dichiarazioni in aula.
Tra queste ha raccontato che Mohamed El Sayed, il coinquilino egiziano di Regeni, le riferì di una visita della polizia presso il loro appartamento.
“El Sayed era convinto che questo controllo era stato fatto dalla National Security, il servizio segreto egiziano. Io non ero presente ma lui aveva questa idea e lui si impaurì per questo“, ha raccontato come riportato da Rai News.
Le telefonate e i silenzi di Mohamed El Sayed
Nel corso della sua testimonianza, Beta ha descritto anche un ulteriore dettaglio inquietante: il coinquilino egiziano avrebbe scambiato il proprio numero di telefono con l’agente dei servizi.
“Non raccontò della visita a Giulio. Gli disse solo che gli stranieri devono dare i documenti e presentarsi alla stazione di polizia“, spiega, “Forse aveva un sospetto che lui aveva fatto qualcosa che non doveva fare“.
Il processo a Roma, che vede imputati quattro presunti appartenenti ai servizi segreti egiziani, prosegue e la testimonianza di Beta si aggiunge a una serie di elementi che confermano l’ombra delle forze di sicurezza egiziane sulla vicenda di Giulia Regeni.