Il colpo di Stato in Niger potrebbe influenzare l’Europa, non solo per quanto riguarda i migranti, ma anche a livello energetico.
Esiste un legame sottile tra l’Africa e l’Europa, e dopo il colpo di Stato in Niger i Paesi membri (soprattutto l’Italia) iniziano ad avere qualche preoccupazione. La prima preoccupazione ha riguardato i flussi di migranti, tuttavia Bruxelles potrebbe subire conseguenze anche a livello energetico.
La lotta sull’uranio
Nonostante sia uno dei Paesi più poveri al mondo, il Niger è uno dei maggiori produttori di uranio, combustibile chiave per le centrali nucleari. Ad oggi oltre la metà dell’uranio estratto dal sottosuolo nigerino è in mano a Orano, società controllata dallo Stato francese (in passato noto con il nome di Areva).
Così a maggio scorso, la società ha stretto un accordo con il governo di Niamey per aumentare la produzione. Pochi giorni dopo però il personale francese è rientrato in patria per “il periodo delle vacanze”.
Ma diversi media hanno evidenziato nei giorni scorsi che l’impresa aveva avuto informazioni su un potenziale colpo di Stato che avrebbe messo a rischio i suoi dipendenti. A protezione della miniera di sono rimasti 300 soldati, secondo quanto riferito da Le Monde.
Le proteste in Niger
Orano rappresenta uno dei punti di forza con cui i mercenari di Wagner potrebbero conquistarsi simpatie presso la popolazione. L’azienda è accusata dagli attivisti locali e francesi di non essere intervenuti per evitare l’inquinamento delle falde acquifere del Paese.
Sarebbero circa 20mila tonnellate i fanghi radioattivi che sono stati lasciati all’aperto, mettendo a rischio l’acqua potabile per 100mila persone. Nel 2017 furono denunciati alcuni dirigenti del Paese per aver intascato mazzette per rivendere l’uranio a prezzo scontato ad Areva: tra questi, anche l’attuale ministro delle Finanze, Hassoumi Massoudou.
Tutti questi elementi non giocano a favore dei Paesi Ue che importano energia nucleare dalla Francia. Le centrali francesi, che normalmente coprono circa il 70% della produzione elettrica nazionale, dipendono dall’importazione di uranio.
L’anno scorso, il 30% di tale importazioni proveniva direttamente dalla Russia. Un ulteriore 12% e 9,6% provenivano rispettivamente dal Kazakistan e dall’Uzbekistan, entrambi ex Stati sovietici rimasti nell’orbita di Mosca. Il resto proveniva per lo più dal Niger. Aumentare l’estrazione delle miniere nigerine avrebbe consentito a Parigi di ridurre la sua dipendenza da Putin e soci.
Il maxi gasdotto trans-sahariano
L’Ue punterebbe anche sul maxi gasdotto trans-sahariano per ridurre la dipendenza dalla Russia, le cui riserve arriverebbero in Algeria, passando proprio dal Niger. Questo gasdotto di oltre 4mila chilometri potrebbe inviare in Europa circa 30 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno.
Lo scorso luglio, i governi di Nigeria, Algeria e Niger siglarono un’intesa per avviare i lavori. A guardare con interesse l’opera ci sono giganti europei come la già citata Eni, la francese Total e l’anglo-olandese Shell.