Governo, marcia indietro sulle pensioni alle vittime delle leggi razziali

Governo, marcia indietro sulle pensioni alle vittime delle leggi razziali

Governo, via le pensioni alle vittime delle leggi razziali e ai perseguitati politici negli anni del Fascismo. Il provvedimento, inserito nel decreto fiscale, divide l’opinione pubblica. Poi il dietrofront di Conte.

ROMA – È destinato a far discutere il provvedimento con il quale il governo Lega-Movimento Cinque Stelle ha deciso di abolire la pensione per gli ebrei che sono stati colpiti dalle leggi razziali adottati dall’Italia ottant’anni fa. La decisione è stata poi bloccata dal premier Conte e da Mattarella

La pensione per le vittime delle leggi razziali e per i perseguitati politici

Il contributo per le vittime delle leggi razziali e per le persone perseguitate dal Fascismo per motivi politici era stato concordato nel 1955 e impegnava lo Stato a versare 500 euro al mese alle persone nate prima del 1945 e che erano state perseguitate dal regime fascista.

Il provvedimento inserito nel decreto fiscale comporterà un risparmio di circa cinquanta milioni di euro

Stando alle prime stime fatte dagli esperti, lo Stato risparmierà in questo modo cinquanta milioni di euro circa. Il provvedimento, decisamente meno discusso e pubblicizzato di altri, è stato inserito nel decreto ficaleMattarella e Conte hanno fatto sapere che non ci sarà nessun taglio sui contributi in questione.

Fonte foto: https://www.facebook.com/Cameradeideputati/

L’opinione pubblica si divide sull’abolizione della pensione

Dura la reazione dell’Unione delle Comunità Ebraiche che hanno chiesto un confronto con il governo per ascoltare le loro ragioni e poter esprimere le proprie. Si tratta sicuramente di un provvedimento delicato visto che va a toccare un diritto di persone che hanno pagato anni fa un conto salatissimo per un errore gravissimo dello Stato.

L’opinione pubblica si divide su quanto possa essere corretto continuare a pagare a distanza di ottant’anni o quanto possa essere moralmente e civilmente valida la decisione assunta da Lega e Movimento Cinque Stelle e poi ritrattata dai vertici politici italiani.