Il femminismo dagli anni Novanta ad oggi
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Direttore: Alessandro Plateroti

Il femminismo dagli anni Novanta ad oggi

Anita Hill

Nei primi anni ’90, la generazione X inaugura la terza ondata femminista, ridefinendo il concetto di femminismo.

Nei primi anni ’90, le ragazze della generazione X, sulla scia delle conquiste degli anni Sessanta e Settanta, danno vita a una nuova ondata femminista, la terza, cercando di ridefinire il concetto stesso di femminismo.

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E’ in questa fase che emergono nuove teorie quali la positività sessuale, l’intersezionalità, l’ecofemminismo vegetariano e il transfemminismo.

La nascita del movimento è fatta coincidere con il fenomeno “riot grrl”, la sottocultura punk femminile: la tripla “r” indicava l’intenzione di reclamare l’uso della parola “ragazza” per le donne, concentrandosi sul punto di vista delle adolescenti. Basato sull’hard-core punk rock, “riot grrl” ha riflettuto, in forma musicale e artistica, sui temi dello stupro, della sessualità e della responsabilizzazione femminile, supportando e organizzando le donne nella musica.

Il vero momento spartiacque è stato però il caso, su cui torneremo, di Anita Hill, giurista afroamericana che, nel 1991, ha accusato di molestie sessuali sul lavoro il giudice Clarence Thomas, che era in attesa di essere confermato giudice della Corte Suprema. All’esito di una testimonianza resa dalla Hill di fronte a un collegio di soli uomini bianchi, in cui è stata messa in dubbio la sua moralità, il giudice Thomas è stato confermato nell’incarico. La vicenda ha però avuto un forte seguito nell’opinione pubblica e tale movimento di opinione ha certamente inciso sull’emanazione della legge sulle molestie sessuali sul luogo di lavoro.

La terza ondata femminista: violenza di genere e autonomia riproduttiva

La terza ondata pone in primo luogo l’accento sulla violenza sulle donne: dalle molestie sessuali, allo stupro alla violenza domestica. Un altro obiettivo fondamentale è poi la dimostrazione che le scelte riproduttive, dalla contraccezione all’aborto, spettano esclusivamente alla donna.

Collegato ad esso è il tentativo di ampliare il concetto di liberazione sessuale, cercando passare il messaggio che la sessualità delle donne era sempre stata modellata dalla società e che, quindi, fosse venuto il momento per queste ultime di diventare libere di esprimere autenticamente la propria identità di genere.

L’attenzione si concentra delle femministe si concentra anche sulla condizione femminile sul luogo di lavoro, dall’esigenza di sfondare il tetto di cristallo al sistema di welfare per le lavoratrici madri.  Ma la grande novità della terza ondata è senz’altro il tema dell’ “intersezionalità”, termine coniato nel 1989 dalla studiosa Kimberlé Williams Crenshaw per definire il concetto che le donne sperimentano “strati di oppressione” causati, non solo dal genere ma, in aggiunta ad esso, dalla classe sociale, dal livello di educazione, dall’appartenenza a un determinato gruppo etnico.

La quarta ondata femminista: nuovi media, intersezionalità e attivismo globale

Con la massiccia diffusione della rete e l’ avvento dei social network prende vita, intorno al 2010, la quarta ondata femminista, caratterizzata dal ricorso sistematico ai nuovi media e dall’attenzione all’intersezionalità e alla violenza di genere.

Iniziativa celebre, in questo senso, è la rete “Non una di meno”, nata nel 2014 in Argentina e diffusasi massicciamente in Italia a seguito del femminicidio della quattordicenne argentina Clara Paz, uccisa dal fidanzato mentre era incinta. Altrettanto noto il movimento “Me Too” che ha preso avvio nel 2017 dal caso Weinstein.

Con la diffusione dei social network l’attivismo diviene un  hashtag alla portata di chiunque. Ne è un esempio la Women’s March nel 2017, cui hanno partecipato oltre 5 milioni di persone in sostegno dei diritti delle donne, richiamate anche attraverso il tam tam sviluppatosi on line e sugli smartphone.

E’ stato evidenziato che, con questo tipo di comunicazione, le battaglie femministe rischiano di diventare un “fenomeno pop veicolato dalle influencer per ragioni anche commerciali”.

E’ indubbio, però, che attraverso questi strumenti, la consapevolezza della disparità di genere raggiunge più agevolmente le giovani generazioni così come è altrettanto indubbia, e meritevole, la scelta di includere anche il mondo maschile nel movimento  femminista, rendendolo consapevole che la piena affermazione femminile va a vantaggio di tutti, eticamente certo, ma anche praticamente: pensiamo all’aumento del PIL previsto laddove le donne avessero un maggior accesso al mondo del lavoro.

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ultimo aggiornamento: 30 Luglio 2024 17:38

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