Come i capi ultras di Inter e Milan controllavano gli ingressi a San Siro, tra minacce e favori, secondo le intercettazioni dell’inchiesta.
L’inchiesta sugli ultras di Inter e Milan ha portato alla luce una situazione allarmante che si svolgeva all’interno dello stadio San Siro. Secondo le intercettazioni, i capi delle curve controllavano chi entrava allo stadio, spesso imponendo un numero di tifosi ben superiore rispetto agli accordi con gli steward. Questo avveniva attraverso intimidazioni e minacce dirette, che spingevano il personale addetto alla sicurezza a chiudere un occhio di fronte agli abusi.
Un episodio chiave emerso dall’inchiesta riguarda uno steward che ha provato a far rispettare il limite di ingressi: “Dovevano entrarne 10, me ne hai mandati 150”. La risposta che ha ricevuto è stata immediata: “Zitto o non lavori più”. Le intercettazioni hanno evidenziato come questo fosse un meccanismo consolidato, che permetteva agli ultras di gestire gli accessi a piacimento, spesso ignorando le regole di sicurezza dello stadio.
Il sistema di potere degli ultras
Le intercettazioni della Procura hanno svelato un sistema organizzato e ben radicato, dove gli ultras non solo si imponevano sugli accessi allo stadio, ma avevano agganci anche tra gli steward e altri lavoratori dello stadio Meazza. Il controllo era talmente forte che persino il personale addetto alla sicurezza si sentiva costretto a obbedire per evitare conseguenze.
Uno steward ha dichiarato: “Normalmente gli ultras mi indicano le persone, e io li faccio entrare”. Queste parole riflettono come il sistema fosse sostenuto da un clima di paura, in cui non collaborare significava rischiare la propria sicurezza o il proprio lavoro.
Durante le partite, spesso la situazione sfuggiva di mano: i posti a sedere venivano ignorati e i tifosi occupavano scale e corridoi, rendendo difficile il rispetto delle norme di sicurezza. Nonostante i tentativi di controllo, gli steward non riuscivano a contrastare il potere che gli ultras avevano accumulato nel corso degli anni.
Lotito: “Siamo solo all’inizio”
In risposta all’inchiesta, Claudio Lotito, presidente della Lazio, ha espresso il suo punto di vista, avvertendo che quanto emerso a Milano è solo la punta dell’iceberg. “Sono convinto che questa inchiesta sugli ultras sia solo all’inizio. Vedrete che verrà fuori molto altro. Non solo a Milano”, ha dichiarato a Il Messaggero. Lotito, che da anni combatte contro il controllo degli ultras, ha raccontato come la sua fermezza gli abbia procurato numerose minacce e insulti. “Ancora oggi mi attaccano da tutte le parti, ma io combatto. Se scendi a compromessi, sei morto”.
Il presidente della Lazio ha poi fatto un appello affinché lo Stato intervenga con decisione: “Bisogna prendere provvedimenti normativi affinché il calcio non diventi ostaggio di associazioni criminali”. Lotito ha ribadito la sua volontà di non piegarsi alle pressioni e di lottare contro il sistema di potere che gli ultras hanno costruito nel mondo del calcio.