Il verbale dell'interrogatorio di Cesare Battisti: la latitanza e gli omicidi
Vai al contenuto

Direttore: Alessandro Plateroti

Le rivelazioni di Cesare Battisti, latitante con il sostegno di partiti e sindacati

Cesare Battisti

Il verbale dell’interrogatorio di Cesare Battisti: Sono stato sostenuto nella mia latitanza da partiti, gruppi di intellettuali, soprattutto nel mondo editoriale, come sostegno ideologico e logistico.

In occasione del suo interrogatorio con il capo della squadra antiterrorismo che indaga sui reati e sulla fuga di Cesare Battisti, l’ex terrorista rosso avrebbe parlato anche della sua rete di aiuti.

Bonus 2024: tutte le agevolazioni

Cesare Battisti non avrebbe quindi parlato solo dei reati commessi e confessati, ma anche della rete di aiuti che in qualche modo ha agevolato la sua permanenza all’estero, e quindi la sua latitanza.

Il verbale dell’interrogatorio di Cesare Battisti

Come riferito da Il Fatto Quotidiano, Cesare Battisti ha parlato innanzitutto dei reati commessi e degli omicidi contestati.

Sicuramente non cambia nulla per quanto riguarda la mia posizione, ma tengo per la verità storica che mi riguarda a dire che nei confronti di Torregiani e di Sabbadin la maggior parte del gruppo dei Pac, me compreso, aveva deciso di procedere, per ragioni politiche, al solo ferimento“.

“Tuttavia accadde che il Torregiani reagì sparando e pertanto il volume di fuoco nei suoi confronti fu tale da determinarne la morte”.

Cesare Battisti
Cesare Battisti

La latitanza di Cesare Battisti e il sostegno ideologico e logistico

Cesare Battisti ha poi parlato della sua fuga all’estero, spalleggiata in qualche modo anche da intellettuali e partiti.

“Io ho sempre professato la mia innocenza, ciascuno è stato libero di interpretare questa mia proclamazione come meglio ha creduto, ma posso dire che per molti di questi il problema non si poneva, andava semplicemente sostenuta la mia ideologia all’epoca dei fatti“.

“Io sono stato appoggiato per una pluralità di ragioni che vanno sia dal fatto che mi proclamavo innocente, sia dal fatto che in molti paesi non è concepibile una condanna in contumacia e sia perché io cercavo di dare di me l’idea di un combattente della libertà, come io mi sentivo per i fatti degli anni ’70”.

“Sono stato sostenuto nella mia latitanza da partiti, gruppi di intellettuali, soprattutto nel mondo editoriale, come sostegno ideologico e logistico. Tra gli italiani nessuno mi ha mai aiutato o ha favorito la mia latitanza; io sono stato sostenuto per ragioni ideologiche di solidarietà e posso anche dire che non so se queste persone si siano mai chieste se io fossi effettivamente responsabile dei reati per cui sono stato condannato”.

“Posso dire che gli appoggi di cui ho goduto sono stati il più delle volte di carattere politico, rafforzati dal fatto che io ero ritenuto un intellettuale, scrivevo libri, ero insomma una persona ideologicamente motivata, per cui nessuno sentiva il bisogno di agire contro di me. Questo mio ruolo da intellettuale era anche una precisa garanzia che, a prescindere dal mio passato ero ormai una persona non più da ritenersi pericolosa e quindi, anche per questo motivo, nessuno mi ha dato la caccia”.

Riproduzione riservata © 2024 - NM

ultimo aggiornamento: 27 Marzo 2019 18:25

Cittadinanza a Ramy, c’è il sì di Salvini

nl pixel