Caso Ilaria Salis: occupato il consolato ungherese

Caso Ilaria Salis: occupato il consolato ungherese

Gli attivisti del Centro sociale Rivolta chiedono la liberazione dell’attivista Ilaria Salis detenuta a Budapest da quasi un anno.

Nella giornata di oggi, 9 febbraio, un gruppo di attivisti del Centro sociale Rivolta ha preso una posizione forte per Ilaria Salis, occupando il consolato onorario ungherese a Venezia. Questo gesto simbolico ha lo scopo di sollecitare le autorità per la liberazione immediata di Salis, attivista 39enne imprigionata a Budapest, Ungheria, da 11 mesi.

Occupazione per la libertà di Ilaria Salis

Circa trenta membri hanno irrotto nell’edificio in piazzale Roma, sventolando uno striscione con la scritta: “Ilaria Salis libera subito“. La protesta mira a evidenziare quello che considerano un processo ingiusto, nato per colpire l’antifascismo in un contesto di crescente tolleranza verso le politiche anti-migranti.

Carlo Nordio, ministro della Giustizia, ha recentemente ribadito l’impegno dell’Italia verso Ilaria Salis, sottolineando come: “Abbiamo oltre duemila cittadini in carceri straniere e per ciascuno ci attiviamo, nei limiti di norma“.

La risposta del governo italiano

Nonostante gli sforzi, la richiesta di arresti domiciliari avanzata dal padre di Ilaria è stata considerata irricevibile, data l’impossibilità di influenzare la giurisdizione straniera. Questa posizione ha suscitato la frustrazione di Roberto Salis, che si è sentito abbandonato dal proprio governo: “Ci hanno lasciati completamente soli“.

Le parole di Nordio illustrano il delicato equilibrio tra l’assistenza ai cittadini e il rispetto per la sovranità giuridica internazionale. Tuttavia, la famiglia Salis e gli attivisti percepiscono queste azioni come insufficienti, evidenziando una netta divisione tra le promesse del governo e le aspettative dei cittadini coinvolti.

L’occupazione del consolato ungherese da parte degli attivisti del Centro sociale Rivolta segna un momento di tensione riguardo al caso di Ilaria Salis. Questo evento non solo rafforza la richiesta di giustizia per l’attivista, ma pone anche interrogativi più ampi sul ruolo dei governi nel proteggere i propri cittadini all’estero e sulle dinamiche di potere tra Stati nell’ambito della giustizia internazionale.