In Cina è corsa all’oro: governo e famiglie fanno incetta di lingotti
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Direttore: Alessandro Plateroti

In Cina è corsa all’oro: governo e famiglie fanno incetta di lingotti

lingotti d'oro

La febbre dell’oro che dilaga in Cina, va oltre i confini della realtà.

Le corse all’oro non sono mai un buon segno. Ma la febbre dell’oro che dilaga in Cina, va oltre i confini della realtà. Nei primi tre trimestri del 2023, secondo i dati del World Gold Council, le famiglie cinesi hanno acquistato 197 tonnellate tra lingotti e monete d’oro, un record storico e il 25% in più rispetto allo stesso periodo del 2022.

Nel solo terzo trimestre, la domanda “privata” è stata di 82 tonnellate, la più forte dal primo trimestre del 2021: ai livelli attuali, la domanda in rialzo del 16% su base annua e del 66% in termini di tonnellate d’oro. Che dire? l’oro è il bene rifugio per eccellenza: l’incertezza economica e la crisi immobiliare hanno sicuramente spaventato i cinesi. Ma questo è il “problema” minore.
Quello che fa riflettere (e che preoccupa di più) è il ruolo-guida del governo cinese in questa impressionante corsa all’oro. La Banca centrale della Repubblica Popolare cinese ha conquistato infatti a fine ottobre scorso il titolo di maggiore acquirente d’oro a livello globale, aumentando le riserve auree di 78 tonnellate durante il trimestre.

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lingotti d'oro grafico

Dall’inizio dell’anno, la PBoC ha aumentato le riserve di lingotti di 181 tonnellate, portandole a 2.192 tonnellate d’oro (pari al 4% delle riserve valutarie totali).
Ma la “manovra” cinese sull’oro non è di poco conto soprattutto per gli Stati Uniti: Pechino è il primo investitore dei Titoli di Stato americani e all’aumento delle riserve auree corrisponde una progressiva diminuzione del debito Usa in portafoglio. Non solo.
Ad aumentare il nervosismo di Washington, sono i “compagni di squadra” della Cina. A fare incetta di lingotti con Pechino, infatti, c’è la Russia di Putin, l’India “non allineata” e gran parte dei governi asiatici che, proprio pochi mesi fa, hanno aderito alla nascita di una “nuova valuta” alternativa al dollaro nel commercio internazionale di materie prime. Una sfida diretta al ruolo-guida del biglietto verde nelle transazioni internazionali.
Tanto più per le dimensioni assunte dal fenomeno. Tra gennaio e fine ottobre 2023, le banche centrali hanno fatto acquisti netti di lingotti d’oro per 800 tonnellate, il 14% in più su un anno fa e il livello più alto mai registrato in nove mesi.
Con simili quantità “fisiche” scambiate, il prezzo dell’oro dovrebbe essere alle stelle. Al contrario, solo il rimbalzo provocato dalla guerra in Medio Oriente ha risollevato il prezzo dal minimo dell’anno. Il motivo è sorprendente: la quantità di oro “fisico” realmente scambiata nel mondo, non incide sulla formazione del prezzo ufficiale di borsa, basato sul cosiddetto “oro sintetico” in futures e derivati. Se i grandi gestori di Wall Street decidono quindi di far cadere il prezzo dell’oro, gli è sufficiente liquidare posizioni a breve e lungo termine.

Ed è quanto sembra sia avvenuto: i derivati ETF sull’oro quotati in America, hanno subito deflussi per oltre 189 tonnellate d’oro tra agosto e fine settembre, registrando il sesto trimestre consecutivo di domanda negativa. Se il prezzo non è crollato, è solo grazie agli investimenti in oro per operazioni Over the Counter, cioè di fuori dei mercati regolati: si tratta di 120 tonnellate d’oro scambiate nella più completa opacità. E soprattutto con garanzia di anonimato: gli operatori sono noti, i loro clienti no.

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ultimo aggiornamento: 6 Novembre 2023 13:25

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