Condannato lo zio di Mahsa Amini: l’Iran ha previsto per l’uomo cinque anni di carcere.
Safa Aeli, lo zio di Mahsa Amini, la giovane donna la cui morte in custodia della polizia ha scatenato proteste su larga scala nel paese, è stato condannato a cinque anni e quattro mesi di carcere. Questa sentenza è stata emessa dal Tribunale rivoluzionario di Saqqez, città natale di Amini nella provincia del Kurdistan.
Il caso Mahsa Amini: le accuse allo zio e la condanna
Il trentenne, Safa Aeli è stato accusato di: “Raccolta di informazioni e collusione contro la sicurezza nazionale”, “propaganda contro il sistema“. Non solo, l’uomo è stato anche accusato di: “Insulto al leader supremo Ali Khamenei“.
Queste accuse sono state mosse in relazione alla sua partecipazione alle proteste seguite alla morte di Mahsa Amini. La morte della donna è avvenuta mentre era in custodia della polizia per non aver indossato correttamente lo hijab. Gli attivisti per i diritti umani hanno denunciato la condanna di Aeli come un atto di repressione nei confronti di chi si oppone al regime.
Il Tribunale ha inoltre imposto a Aeli un divieto di lasciare il paese per due anni dopo aver scontato la pena e l’obbligo di scrivere la biografia di un membro dei Basij, le forze paramilitari volontarie. L’uomo è stato ucciso durante una delle proteste. Questa particolare condizione sembra avere lo scopo di costringere Aeli a un atto di penitenza pubblica verso il regime.
La reazione della comunità internazionale
La sentenza contro Safa Aeli ha suscitato indignazione tra la comunità internazionale e gli attivisti per i diritti umani, che la vedono come un ulteriore esempio della repressione esercitata dal governo iraniano contro i dissidenti.
Le dichiarazioni degli attivisti sui social media hanno sottolineato come il caso di Aeli evidenzi la crescente pressione sulle voci critiche all’interno dell’Iran, specialmente in seguito alle proteste innescate dalla tragica morte di Mahsa Amini.