Una riforma silenziosa, ma che rischia di colpire duramente le famiglie italiane: ecco cosa sta succedendo davvero con l’ISEE e i figli maggiorenni.
Importanti novità sono in arrivo per milioni di famiglie italiane con l’aggiornamento delle regole che disciplinano il calcolo dell’ISEE, l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente. Una modifica normativa che, pur passata quasi in sordina, ha sollevato un vivace dibattito tra genitori e addetti ai lavori, in particolare per le sue ripercussioni sui figli maggiorenni.

Nuove regole per l’ISEE: cosa cambia con i figli maggiorenni
Secondo quanto stabilito dal decreto legislativo 407/2023, entrato in vigore con l’obiettivo di ridefinire i criteri per la determinazione dei nuclei familiari, i figli maggiorenni non più conviventi con i genitori vengono inclusi nel nucleo familiare ai fini ISEE se non soddisfano una serie di requisiti precisi.
Cosa prevede la nuova normativa
La riforma, voluta dall’attuale Governo, modifica sostanzialmente le regole precedenti. Se in passato un figlio maggiorenne poteva costituire un proprio nucleo familiare anche senza reddito elevato, oggi ciò non è più scontato. In particolare, la norma stabilisce che il figlio continua a far parte del nucleo familiare dei genitori se:
- Non è fiscalmente indipendente (cioè ha un reddito inferiore a 4.000 euro annui se ha meno di 24 anni, o a 2.840,51 euro se ha più di 24 anni);
- Non è sposato;
- Non ha figli.
In presenza di queste condizioni, anche se il figlio vive altrove e ha superato i 26 anni, il suo reddito – anche se minimo – viene conteggiato nel calcolo dell’ISEE familiare.
ISEE più alto, sussidi più lontani: le conseguenze concrete
L’impatto di questa modifica normativa è tutt’altro che marginale. In concreto, l’inclusione forzata dei figli neet – acronimo di “Not in Education, Employment or Training” – nel nucleo familiare può far salire considerevolmente l’ISEE dei genitori, anche se questi ultimi si fanno carico interamente del mantenimento dei figli stessi.
Questo innalzamento dell’indicatore ha ripercussioni dirette sulla possibilità di accedere a numerosi strumenti di sostegno economico, tra cui:
- Assegno di inclusione;
- Bonus per affitto e casa popolare;
- Agevolazioni comunali;
- Riduzioni sulle tasse universitarie.
La situazione è aggravata dal fatto che la permanenza nello stato di “neet” può protrarsi anche oltre i 30 anni, in particolare nelle aree del Paese con più alto tasso di disoccupazione giovanile.
Le famiglie a rischio: chi paga davvero le conseguenze
Le famiglie con redditi bassi o medi sono le più penalizzate da questa nuova impostazione. Prima della riforma, la possibilità di far risultare un figlio maggiorenne come nucleo a sé stante permetteva a molte famiglie di beneficiare di un ISEE più basso e quindi di interventi pubblici mirati.
Oggi, invece, molti genitori si trovano costretti a dichiarare un reddito familiare complessivo più elevato, perdendo così il diritto a numerosi benefici sociali, pur continuando a sostenere figli disoccupati, precari o inoccupati.
Una situazione che, secondo alcuni esperti, rischia di creare un vero e proprio “cortocircuito normativo”, penalizzando le famiglie proprio nel momento in cui hanno più bisogno di sostegno.
Una sfida culturale e politica: cosa serve davvero
La questione dell’ISEE e dei figli maggiorenni non è solo burocratica, ma riflette un tema ben più ampio: la capacità del sistema di welfare italiano di adattarsi alle trasformazioni sociali in atto. L’aumento dei giovani che restano a lungo fuori dal mondo del lavoro o dell’istruzione non può essere ignorato o trattato solo in termini contabili.
Serve una riflessione profonda, che coinvolga istituzioni, tecnici e famiglie, per ridefinire i criteri di sostegno pubblico alla luce delle nuove fragilità. I neet, in particolare, rappresentano una vera e propria emergenza nazionale: sono giovani spesso invisibili, che rischiano l’esclusione sociale e l’isolamento economico.
Verso un nuovo modello di inclusione sociale
In un contesto di inflazione crescente, precarietà diffusa e aumento del costo della vita, la riforma del calcolo dell’ISEE rischia di trasformarsi in una trappola per le famiglie italiane. Più che una misura di equità, appare come uno strumento punitivo per chi si trova già in difficoltà.
È indispensabile che il sistema di welfare evolva verso misure più flessibili e personalizzate, in grado di cogliere la complessità delle situazioni familiari. L’inclusione dei giovani nel tessuto lavorativo e sociale del Paese deve tornare ad essere una priorità politica assoluta, non solo una voce nei bilanci.