La testimonianza in Israele di chi ha il compito di provare a riconoscere i corpi dei morti. Le parole dell’orrore.
È da dieci giorni ormai che le squadre specializzate dell’esercito lavorano per identificare i cadaveri delle vittime della guerra in Israele. Un compito difficilissimo, duro e soprattutto che mai nessuno avrebbe voluto trovarsi a fare vista la brutalità delle uccisioni avvenute. Il Corriere della Sera riporta la testimonianza di chi si sta occupando del tentativo di ricomporre “i pezzi” e provare a dare una fine più dignitosa alle vittime del conflitto. Spicca, in tal senso, quanto affermato da chi si occupa dei corpi delle donne, adulte e bambine.
Israele, lo strazione nel riconoscimento dei corpi
“Siamo stati addestrati in questi anni per rispondere a un attacco con un grande numero di morti, non siamo stati preparati a queste atrocità”, ha affermato prima di tutto il colonnello Haim Weisberg. “La procedura è la stessa che usiamo per i soldati, andiamo per tentativi: riconoscimento da parte di un famigliare, impronte dentali, Dna. È impressionante il numero di casi in cui abbiamo dovuto utilizzare i prelievi genetici perché le teste sono state mozzate o maciullate”.
Ben peggiori, però, le parole di Abigail che di solito lavora nell’hi-tech ma che ora si ritrova a prendersicura dei cadaveri di donne adulte ma anche di ragazze e bambine.
Qui le parole diventano di pieno orrore e sgomento: “Proviamo a garantire loro quel rispetto, quella dignità, che sono stati calpestati e cancellati dai fondamentalisti”, ha detto. “Se le hanno spogliate, noi le ricopriamo mentre gli anatomopatologi eseguono l’autopsia. Se le hanno brutalizzate, noi offriamo la nostra delicatezza ai loro corpi”.
Gli effetti psicologici del riconoscimento
Abigail ha anche raccontato come, dopo aver compiuto il proprio dovere, si avranno delle conseguenze viste le atrocità che si sono palesate sotto i suoi occhi e quelli delle ragazze della sua unità che lavorano con lei e di come un gruppo di psicologi sia presente per dare supporto: “Siamo riserviste e veniamo richiamate quando scoppia una guerra per preparare ai funerali i corpi delle soldatesse. Questa volta sono arrivata alla base ancora prima della telefonata dal comando. Non so come andrò avanti, però sono stata addestrata per questo e nessuno saprebbe farlo al mio posto”.
Uno strazio impossibile da digerire e da dimenticare che accompagnerà tutto il popolo di Israele per lungo tempo.