Istat, entro il 2023 stipendi ‘molto al di sotto dei livelli 2009’

Istat, entro il 2023 stipendi ‘molto al di sotto dei livelli 2009’

Secondo le stime Istat entro la fine del 2022 gli stipendi degli italiani subiranno un calo mai visto dal 2009.

È un dato di fatto: in Italia, rispetto al resto dell’Europa, gli stipendi sono mediamente più bassi. A parità di stipendio lordo, gli italiani guadagnano molto meno rispetto agli altri Stati dell’Unione europea. Sulla questione è intervenuto anche l’Istat che ha lanciato un allarme.

Soglie record dal 2009

L’istituto presieduto da Gian Carlo Blangiardo, ha spiegato come entro la fine del 2022, gli stipendi degli italiani rischiano di scendere “molto al di sotto dei livelli del 2009”. L’Istat prosegue spiegando che “per la quasi totalità dei dipendenti, il rapporto di lavoro è regolato da un contratto collettivo nazionale (ccnl)”, la cui durata “è stata fissata in tre anni”, con “incrementi retributivi da corrispondere agganciati alle previsioni dell’Indice dei prezzi al consumo armonizzato depurato dalla dinamica dei prezzi dei beni energetici importati”.

Poi osserva: “Nel complesso tra il 2009 e il 2021, le retribuzioni contrattuali hanno comunque registrato una crescita in linea con quella dell’inflazione complessiva (di poco superiore a quella dell’Ipca-nei), sebbene si siano osservate differenze marcate tra i settori”.

Secondo l’allarme Istat il potere d’acquisto degli italiani potrebbe – nel giro di poco tempo- scendere a minimi storici, mai visti da 13 anni. L’Italia regredisce, e “le ultime previsioni dell’Ipca-nei, diffuse lo scorso 7 giugno e basate su uno scenario inflazionistico diverso rispetto a quello dell’anno precedente, prevedono per il quadriennio 2022-2025 tassi di crescita annui dell’indicatore pari al 4,7% per il 2022, 2,6% per il 2023, 1,7% per il 2024 e 1,7% per il 2025”.

Infine conclude: “In generale, in assenza di rinnovi o di rallentamenti nella dinamica inflazionistica, le retribuzioni contrattuali reali a fine anno potrebbero tornare molto al di sotto dei livelli del 2009. Ciò – aggiunge l’istituto presieduto da Gian Carlo Blangiardo – accadrebbe anche nel settore dell’industria, quello che presenta la quota più bassa di contratti scaduti e che nel periodo 2009-2021 ha registrato la crescita retributiva più elevata”.