Mentre l’UE promuove il digitale, in Italia le misure fiscali rischiano di frenare lo sviluppo delle PMI, avverte Netcomm.
In un mondo sempre più connesso e dipendente dagli strumenti digitali, l’Italia si trova al bivio tra la promozione dell’innovazione e il rischio di frenare il proprio tessuto imprenditoriale a causa delle nuove disposizioni fiscali proposte dal governo. In particolare, la controversa estensione della Web Tax a tutte le imprese digitali nel territorio italiano ha sollevato un’ondata di preoccupazione tra gli esperti del settore, portando a riflessioni sull’impatto che tali misure potrebbero avere sul futuro del commercio elettronico e, più in generale, sull’economia digitale del paese.
Le conseguenze di una Web Tax estesa
Secondo Roberto Liscia, Presidente di Netcomm, il Consorzio del Commercio Digitale in Italia, l’estensione della Web Tax non solo andrebbe a caricare ulteriormente le spalle delle imprese digitali con già elevati costi operativi, ma minacciaria direttamente l’innovazione e la competitività delle piccole e medie imprese (PMI) italiane. In un contesto dove l’UE cerca di promuovere la crescita digitale, l’Italia sembrerebbe remare contro, adottando una postura che rischia di soffocare le sue stesse risorse.
L’importanza del settore digitale per l’economia
Non si può ignorare il valore generato dalla filiera dell’e-commerce nel nostro paese. Solo nel 2022, il settore ha contribuito all’economia italiana con oltre 133,6 miliardi di euro, il che equivale a circa il 7% del PIL nazionale. Questi numeri non solo evidenziano l’impatto diretto dell’e-commerce ma mostrano anche come lo Stato beneficia indirettamente di questa ricchezza, riuscendo a investire cifre considerevoli in servizi pubblici e infrastrutture essenziali per il benessere comunitario.
Sfide per le PMI e impatti sui consumatori
La proposta di estendere la Web Tax viene vista da Netcomm come un passo falso che potrebbe rivelarsi controproducente, limitando la crescita e lo sviluppo delle piccole e medie imprese in un settore già pieno di sfide. L’aggiunta di questi oneri fiscali non solo diminuirebbe la capacità di queste imprese di investire in innovazione ma potrebbe anche portare a un aumento generalizzato dei prezzi per i consumatori finali, rallentando di fatto la espansione del commercio elettronico e compromettendo la convenienza dei servizi online.
Alla ricerca di soluzioni più eque
Roberto Liscia propone come alternativa l’adozione di un sistema fiscale basato sui profitti piuttosto che sui ricavi, che potrebbe garantire una maggiore equità, evitando di penalizzare quelle imprese che, seppur generando un volume significativo di vendite, operano con margini di profitto ridotti.
Si suggerisce inoltre una fiscalità “channel neutral”, che non favorisca un canale di vendita rispetto all’altro, promuovendo una concorrenza leale sia nel mondo digitale che in quello fisico.
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