L’Italia lascia Euro 2024 tra i fischi
La Svizzera ha vinto perché ha dominato. senza se e senza ma.
Non era difficile: di fronte aveva una parata di fantasmi con le maglie azzurre. Il nulla spacciato per squadra, in un vuoto indicibile e rovinoso di gioco, carattere, personalità, reattività, idee, palleggio.
E potrei andare avanti fino a domani, in questo alfabeto della pochezza. Abbiamo perso contro la Svizzera ma ci avrebbe battuto anche il Lussemburgo: tutte le squadre giocano meglio dell’Italia.
Dove manca la classe, il tasso tecnico, il talento, ci si prova con il pressing e l’agonismo, dove è difficile costruire geometrie ci si affida al carattere.
Ogni squadra – insomma – ha qualcosa da gettare in faccia all’avversario.
Solo l’Italia non aveva nulla. Avrei pagato per vedere quattro passaggi di fila, un’azione decente: chiedevo troppo.
Sono figlio di una generazione gloriosa e romantica, di un calcio fatto di lanci in profondità, di cross, di triangolazioni, di dirompenti iniziative personali.
Invece a Berlino è andato in onda il festival della vergogna, tatuaggio invisibile sull’anima. Questa vergogna bisognava lavarla subito, dopo il raddoppio elvetico. Reagire con aggressività, veemenza. Bisognava sfoderare gli attributi.
Ma questi evidentemente erano rimasti negli spogliatoi delle squadre di club. Così gli svizzeri hanno continuato a governare il campo, a macinare gioco, a creare occasioni da gol.
Mentre gli azzurri si esibivano nella danza degli gnomi. Spalletti ha cambiato molti giocatori, sperando di cambiare faccia alla squadra (una maschera più che una faccia) ma il supplizio è continuato, mentre i minuti scrivevano una sentenza impossibile da evitare.
E’ mancata la squadra, sono mancati anche i singoli. D’altronde aveva ragione Lao Tse:”La somma delle parti non costituisce il tutto”. Ok, ma almeno una parte di questo tutto, la truppa di Spalletti doveva conquistarlo.
Invece niente. Xhaca da solo ha asfaltato tutto il centrocampo azzurro, l’attacco elvetico manovrava come in un’amichevole con le giovanili del Lugano, la difesa – magistralmente guidata da Akanji – controllava le punte (non ridete, vi prego, ndr) italiane come in un pic nic sulle Alpi Svizzere.
Mancavano solo le mucche. Una cosa è apparsa chiara, in questo e negli altri match (e forse questo è l’aspetto più doloroso e preoccupante): tutti hanno più fame dell’Italia. Basterebbe questo. Invece l’umiliazione è stata totale, stereofonica, definitiva. Una volta Charles Aznavour ebbe a dire:”La Svizzera è un’oasi.
Tutto è più calmo, anche i semafori rossi diventano più lentamente verdi e viceversa”. Solo per la Nazionale italiana sono rimasti rossi. Di vergogna.