Il 17enne Ondreij Nouzovsky si trovava a L’Aquila per un viaggio premio della sua scuola, ma morì nel crollo del Convitto.
Dopo anni di lunga attesa, viene risarcita la famiglia di Ondreij Nouzovsky, lo studente 17enne della Repubblica Ceca morto nel crollo del Convitto Nazionale de L’Aquila, nella notte del terremoto del 6 aprile 2009. Arriva il risarcimento del valore di un milione di euro.
Il risarcimento
Il Tribunale de L’Aquila ha condannato al pagamento della somma di un milione di euro il ministero dell’Istruzione, il Convitto Nazionale, la Provincia, l’ex preside del convitto Lizio Bearzi e il dirigente provinciale Vincenzo Mazzotta.
Per un’altra vittima di quella notte, Luigi Cellini, nel 2021 il tribunale locale ha disposto un risarcimento alla famiglia di 190mila euro.
Il crollo del Convitto de L’Aquila
La notte del 6 aprile 2009, nel Convitto Nazionale di via XX Settembre, oltre a Ondreij Nouzovsky, morirono altri due minori: Marta Zelena, anche lei studentessa ceca in viaggio premio in Italia, e il 15enne di Trasacco Luigi Cellini.
Per una scossa avvertita sul posto il pomeriggio del 30 marzo 2009 il Convitto Nazionale fu evacuato e in serata gli alunni tornarono alle loro case. Furono chiuse le scuole e vennero fatti i sopralluoghi. Il Convitto fu dichiarato agibile e venne riaperto poco dopo, portando alla morte dei tre adolescenti la settimana successiva.
Ogni 6 aprile l’Istituto d’Istruzione Superiore “A. D’Aosta” de L’Aquila commemora con una cerimonia i due giovani studenti cechi che erano ospiti della scuola e che sono ricordati con una targa.
La denuncia della famiglia di Nouzovsky
La famiglia di Ondreij Nouzovsky nel 2020 presentò una richiesta di danni non patrimoniali per un milione e 220mila euro, a carico dei responsabili. Furono chiamati in causa: la Provincia, il ministero dell’Istruzione, l’ex dirigente della Provincia, Vincenzo Mazzotta, e l’ex preside del Convitto, Livio Bearzi.
Quest’ultimo, già condannato a 4 anni di carcere per omicidio colposo plurimo e disastro colposo, poi fu graziato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Bearzi fu condannato per non aver voluto evacuare l’edificio nell’imminenza delle scosse del 6 aprile 2009: disse che non era nei suoi poteri.