La scuola italiana è delle donne. I dati del Ministero dell’Istruzione per l’anno scolastico 2023/2024 lo confermano.
Secondo i dati del Ministero dell’Istruzione, nell’anno scolastico 2023/2024, le insegnanti costituivano l’81,3% del corpo docente e la quasi totalità nella scuola dell’infanzia (oltre il 99,1%) e nella primaria (il 94,6%). Il fenomeno si è progressivamente esteso anche ai gradi scolastici dove un tempo vi era un equilibrio maggiore tra i generi. Oggi, infatti, le donne sono il 76,4% dei docenti alle medie e il 65,9% alle superiori.
Stessa cosa dicasi per i dirigenti scolastici che, secondo i dati dell’ultima indagine Ocse Talis, sono circa il 69% donne.
La situazione si ribalta nelle Università dove i docenti sono in gran parte uomini e dove solo da qualche anno abbiamo assistito alla nomina delle prime rettrici, rivelatesi peraltro da subito molto brillanti.
Il fenomeno, denominato “femminilizzazione della scuola”
Di sicuro, dall’accesso alla scuola dell’infanzia sino alla maturità, la formazione è quasi esclusivamente nelle mani delle donne. A fronte di questo fenomeno, denominato “femminilizzazione della scuola”, diversi studiosi si sono chiesti perché investiamo tanto nell’avvicinare le ragazze alle STEM e non facciamo nulla per far sì che più ragazzi si avvicino alle professioni educative?
Università esclusa, i docenti uomini sono pochi e certamente dirimente è la questione degli stipendi: una professione così poco retribuita non consente di mantenere una famiglia. Inoltre i ragazzi, che non sono abituati a vedere uomini seduti in cattedra, quasi mai prendono in considerazione la possibilità di diventare insegnante, ruolo che ormai, ai loro occhi, è femminile.

Il pedagogista e insegnante Loris Malaguzzi scriveva che, per crescere, i bambini e le bambine hanno bisogno di cento linguaggi. E oggi sappiamo molto bene che il linguaggio non è mai neutro e che le parole danno forma alla realtà. Per questa ragione, una più equa rappresentanza di genere nell’educazione sarebbe sicuramente auspicabile.
L’inserimento di quote blu nelle scuole
Attualmente il Ministero dell’Istruzione ha studiato l’introduzione di “quote blu”, favorendo l’accesso degli uomini all’interno della scuola. Si tratta di una politica che mira a bilanciare la presenza maschile nel corpo docente, prevedendo, in caso di parità di punteggio in un concorso, di dare precedenza al candidato di sesso maschile, qualora questo sia il genere meno rappresentato nella specifica posizione.
La questione è emersa nel contesto dei concorsi per dirigenti scolastici, dove il Ministero dell’Istruzione ha introdotto questa prassi, motivandola come un tentativo di riequilibrare una situazione in cui il genere maschile risulta sottorappresentato, contrastando così la “deriva rosa”.
La verità nei fatti, tuttavia, è che lo squilibrio di genere è poco più che un’illusione. Certamente le donne insegnanti sono la stragrande maggioranza ma tra le cattedre universitarie le donne sono, appunto, in numero decisamente inferiore e guadagnano meno. E il rischio è che, in un paese come l’Italia, in cui il divario occupazionale è già elevato, si verifichi un rischio di discriminazione positiva nei confronti dei candidati maschi.
Vanno quindi studiate modalità alternative per avvicinare i ragazzi alla professione di insegnante, fra le quali certamente appare utile prevedere investimenti e politiche attive, così come sono state studiate per accompagnare le ragazze nell’accesso alle facoltà STEM. Convitato di pietra, purtroppo, il tema delle retribuzioni e della carenza di investimenti nella scuola.