La settima vittima di via D’Amelio: il mistero sulla fine di una ragazza di soli 17 anni

La settima vittima di via D’Amelio: il mistero sulla fine di una ragazza di soli 17 anni

Gli investigatori raccontarono alla famiglia che si era suicidata per il dolore della scomparsa di Borsellino ma l’ipotesi non convince.

Ci dissero che si era suicidata per il dolore causatole dalla morte del magistrato Paolo Borsellino. Ma io non ne sono convinta“, questo il commento di Anna Maria Rita Atria, sorella di Rita Atria: testimone di giustizia di 17 anni che ha perso la vita il 26 luglio del 1992, qualche giorno dopo la famosa strage di via D’Amelio. Un anno fa, però, la donna ha chiesto che venisse riaperto il caso della scomparsa di Rita.

Una tragedia nella tragedia, insomma, collegata dagli investigatori alla crudeltà della mafia ma mai realmente osservata da vicino. Rita Atria è conosciuta come “la settima vittima di via D’Amelio” ma, come affermato dalla sorella, “nessuno ha mai indagato sul serio sull’accaduto” e “ci sono tante stranezze intorno a questa morte”.

È importante – continua la donna – che Gabriele – l’allora fidanzato della ragazza – e Ivana – la sua istruttrice di nuoto – si facciano vivi, che ci dicano che cosa sanno e ci aiutino a capire che cosa è successo a Rita. Potrebbero dare un importante contributo nella ricerca della verità. In fondo un po’ glielo devono, se non altro per il coraggio che mia sorella ha avuto nel portare avanti le sue scelte. Scelte che ha pagato con la vita“.

Rita Atria: la settima vittima di via D’Amelio

Rita Atria è figlia del boss don Vito Atria, ucciso durante un regolamento di conti a Partanna a novembre del 1985, e sorella di Nicola Atria, morto a causa di un agguato avvenuto nel 1991. La ragazza, dopo aver visto perdere la vita ad acuni dei suoi familiari, aveva deciso di collaborare con la giustizia, dicendo ai magistrati quello che sapeva su Cosa Nostra ed entrando nel sistema di protezione per i testimoni di giustizia.

A sostenerla, durante le sue deposizioni, c’è Paolo Borsellino. Quando il magistrato viene fatto saltare in aria, il 19 maggio del 1992, Rita scrive nel suo diaro: “Ora che è morto Borsellino, nessuno può capire che vuoto ha lasciato nella mia vita. Tutti hanno paura, ma io l’unica cosa di cui ho paura è che lo Stato mafioso vincerà e quei poveri scemi che combattono contro i mulini a vento saranno uccisi… Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta“.

Si tratta davvero di un suicidio?

Non ci sono prove che Rita Atria si sia suicidata – racconta Nadia Furnari, co-fondatrice dell’Associazione antimafia chiamata come la ragazza scomparsa -. Nell’appartamento dove viveva non sono state trovate impronte digitali, neanche le sue. In camera da letto c’era la sua carta di identità, con il suo nome e cognome veri e gli indirizzi dei luoghi dove aveva abitato fino a quel momento. Il che è strano, poiché era una testimone di giustizia che avrebbe dovuto vivere sotto falso nome”.

Rita – continua Nadia Furnari – è stata trovata in fin di vita sotto il palazzo dove viveva in via Amelia, a Roma. Non si spiega come abbia fatto a buttarsi giù dalla finestra, visto che la serranda era semichiusa. Nell’appartamento è stato trovato un orologio maschile, ma nessuno lo ha inserito tra i reperti. A chi apparteneva? Nel suo sangue è stato trovato un tasso di alcol molto alto, ma Rita non beveva. A casa sua è stata trovata una bottiglia in cima a un mobile, anche questa senza impronte”. 

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