Pride, la Turchia vieta la manifestazione

Pride, la Turchia vieta la manifestazione

In Turchia Erdoğan ha deciso di vietare manifestazioni e cortei. Vietata anche l’annuale marcia del Pride: condotti quasi 400 arresti.

Il 26 giugno a Istanbul si è svolto il Pride, la marcia per la rivendicazione dei diritti delle persone LGBTQ+. I governatori dei distretti di Beyoglu e Kadikoy, avevano vietato la marcia. Nonostante ciò, i manifestanti non si sono fatti intimorire e si sono riversati nelle strade per manifestare pacificamente.

Le manifestazioni studentesche bloccate dalla polizia

Lo scorso maggio la polizia ha bloccato anche le manifestazioni studentesche intorno all’Università Bogazici di Istanbul. Le forze dell’ordine hanno condotto arresti nei confronti di più di 350 persone. Vietato anche il Pride del 26 giugno, in cui si sono verificati assalti delle autorità e scompigli vari. Condotti inoltre 373 arresti nei confronti dei manifestanti.

Il presidente Erdoğan sta prendendo posizioni sempre più forti, fino ad arrivare a vietare le manifestazioni per le strade della città. I manifestanti del Pride sono stati presi di mira dalle forze dell’ordine che hanno arrestato diverse centinaia di persone.

373 arresti condotti nei confronti di civili innocenti

Gli arresti sono “giustificati” da “ragioni di sicurezza” e di “prevenzione della criminalità”. Con questi pretesti, i governatori distrettuali hanno vietato la marcia del Pride. Oltre agli arresti, non sono mancati eventi di repressione brutale nei confronti dei manifestanti. Per ora si parla di 373 arresti, ma la conta potrebbe salire. Tra gli individui arrestati, oltre ai comuni cittadini, anche giornalisti e fotografi.

Nonostante la marcia del Pride si tenga da ormai otto anni, Erdoğan ha deciso di vietare sia i cortei che le piccole manifestazioni, anche quelle che si svolgono in ambienti chiusi. Secondo l’attivista di Amnesty Turkey Milena Nuyum, i manifestanti sono persone “che sono state private della loro libertà di parola perché stavano esercitando i loro diritti”.