Da Pupo al concertone del 1° maggio: quando la musica fa politica

Da Pupo al concertone del 1° maggio: quando la musica fa politica

Occhi puntati sul tradizionale evento musicale, che da sempre crea polemiche accese. Ma non è un caso solo italiano, come dimostra l’invito di Putin al cantante toscano

Che Enzo Ghinazzi, in arte Pupo, fosse molto amato in Russia, al pari di altri interpreti della tradizione pop italiana, non è mai stato un mistero. Anzi, già nel gennaio del 2022, ovvero prima che Putin invadesse l’Ucraina, il governo di Kiev aveva provveduto ad inserirlo nella lista nera degli indesiderati, proprio per via dei suoi strettissimi rapporti con la Russia.

Un anno e tre mesi dopo, con tutto quello che è accaduto e con la grande paura per ciò che potrà ancora accadere, fa davvero sensazione il fatto che Pupo avesse accettato di partecipare come giurato a “Road to Yalta”, una sorta di versione russa del nostro Festival di Sanremo. Poi l’interprete di “Gelato al cioccolato” ha cambiato idea, ma lo stupore rimane. Il 2 maggio, al Cremlino, si svolgerà la quinta edizione di quella che è ovviamente una manifestazione musicale ma che, come un po’ tutto in Russia, ha anche dei forti legami con la politica. Il programma dell’evento comprende alcune canzoni di guerra dell’ex Unione Sovietica, riadattate per duetti con star internazionali allo scopo di “rafforzare la vera immagine del soldato-liberatore sovietico”.

Vladimir Putin

Un’operazione di vera e propria propaganda, che tuttavia non è esclusiva del regime putiniano. Il festival russo sarà anticipato di 24 ore dal tradizionale “concertone” del 1 maggio e, mentre fervono i preparativi, salgono anche i timori per possibili attacchi al governo in carica. Proprio nel giorno della festa del Lavoro, Giorgia Meloni ha convocato un Consiglio dei Ministri chiamato a varare dei provvedimenti sul tema dell’occupazione, un coup de théàtre che rischiava di saltare per via dell’esito improduttivo della votazione sullo scostamento di bilancio e che ha costretto il centrodestra a rimediare in corner, con una seconda seduta a tempo di record.

Il CdM quindi si farà, ma nel contempo la kermesse canora organizzata dai sindacati potrebbe riservare qualche grattacapo alla nuova classe dirigente e, di riflesso, alla Rai, che ha già messo le mani avanti, spiegando di non poter controllare i contenuti di un evento in diretta. E ci mancherebbe altro.

logo rai

Il programma del concertone 2023 vede la sua star in Luciano Ligabue, attorniato da altri nomi importanti come Tananai, Coma Cose, Baustelle, Fulminacci, Levante, Mr. Rain, Righeira e diversi altri, tra cui Matteo Paolillo, reduce dal successo travolgente della colonna sonora di “Mare Fuori”. Chi di loro va tenuto d’occhio, da parte dei solerti addetti al palco che affiancheranno i conduttori Ambra Angiolini e Fabrizio Biggio?

Difficile da dire. E’ invece certo che la storia del concertone è piena di episodi controversi, in tema di diritto di espressione. Fedez nel 2021 è stato protagonista di un duro scontro con la Rai per le sue esternazioni pro-DDL Zan e, guarda caso, nelle due successive edizioni non ha fatto parte del cast. Nella storia è rimasta la censura a Elio e Le Storie Tese, che nel 1991 inserirono nella canzone “Sabbiature” un lungo elenco di personaggi coinvolti in una vicenda giudiziaria, compreso Giulio Andreotti: la regia Rai interruppe la diretta dal palco, per collegarsi con Vincenzo Mollica nel backstage. Nel 1993 i Litfiba se la presero addirittura col Papa, invitato da Pierò Pelù ad abbandonare le sue ingerenze su aborto e contraccezione: “Parla sempre di sesso, si occupi di cose metafisiche”. Lo Stato Sociale nel 2013 venne costretto a cancellare dal proprio set il brano “Mi sono rotto il cazzo”, che per via del testo non propriamente oxfordiano non era adatto alla fascia protetta.

Piero Pelù

Da sempre, la diretta del 1 maggio non fa dormire sonni tranquilli ai funzionari della Rai, che ogni tanto si inventano qualche soluzione per controllare l’incontrollabile. Nel 2004 il concertone venne trasmesso con una differita di circa venti minuti, per poter tagliare eventuali momenti imbarazzanti, ma l’esperimento non ebbe un seguito. Nel 2011, vista l’imminenza dei referendum del giugno successivo (tra cui quello sull’acqua pubblica), agli artisti venne fatto sottoscrivere un impegno a non violare la par condicio dando indicazioni di voto.

E nel 2023? Vedremo cosa accadrà, anche perché, con un governo che già ha dato segnali di nervosismo per le innocue “trasgressioni” dell’ultimo Festival di Sanremo, nulla si può escludere a priori.