Un nuovo studio internazionale rivela che il rischio di long Covid è legato a una specifica variante genetica.
Negli ultimi anni, la pandemia di Covid-19 ha lasciato una lunga scia di conseguenze sanitarie. Tra queste, una delle più controverse e studiate è senza dubbio il long Covid, una sindrome che continua a colpire milioni di persone anche mesi dopo la guarigione dall’infezione acuta. I sintomi variano molto, ma i più comuni sono stanchezza cronica, difficoltà respiratorie, dolori muscolari e quella che molti descrivono come una “nebbia mentale” che rende difficile concentrarsi o ricordare.

Il mistero del long Covid: sintomi persistenti e cause ancora poco chiare
Questa condizione, che secondo l’OMS colpisce tra il 10 e il 20% dei malati di Covid-19, ha messo a dura prova pazienti e sistema sanitario. Tuttavia, le sue cause sono rimaste a lungo sconosciute. Non tutti i guariti, infatti, sviluppano la sindrome: perché alcuni sì e altri no? Questa domanda ha dato il via a un’enorme mobilitazione della comunità scientifica internazionale.
Uno studio internazionale svela il collegamento con la genetica
Finalmente, un passo avanti decisivo è arrivato grazie a un grande studio condotto da 24 istituzioni scientifiche in 16 Paesi. I ricercatori hanno analizzato il DNA di oltre un milione di individui, confrontando i profili genetici di chi soffre di long Covid con quelli di chi non ha sviluppato alcun sintomo persistente.
Il risultato? È stata identificata una variante genetica sul cromosoma 6, in prossimità del gene FOXP4, già noto per il suo ruolo nelle risposte immunitarie e nelle infezioni respiratorie. Questa specifica variante è presente in maniera significativamente più frequente nei pazienti affetti da long Covid.
Chi possiede questa variante ha un rischio maggiore del 60% di sviluppare la sindrome dopo l’infezione da SARS-CoV-2. La scoperta rappresenta un passo fondamentale per comprendere i meccanismi biologici del long Covid e, soprattutto, per individuare i soggetti a rischio e sviluppare terapie personalizzate.
In conclusione, la risposta al long Covid potrebbe trovarsi proprio nel nostro DNA, aprendo nuove prospettive per la prevenzione e la cura di una delle sfide sanitarie più complesse del nostro tempo.