L’Uganda condanna la comunità Lgbtqi: ergastolo e pena di morte

L’Uganda condanna la comunità Lgbtqi: ergastolo e pena di morte

Vince in Uganda la legge che condanna la comunità Lgbtqi+, con 389 favorevoli contro due contrari in Parlamento.

Con l’approvazione della nuova legge, adesso anche dichiararsi gay può portare all’arresto immediato. Solo due deputati del Parlamento africano hanno votato contro la norma, troppo pochi contro i 389 voti favorevoli che attendono solo la firma del presidente Yoweri Museveni, da sempre contro i diritti Lgbtqi+.

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Le pene dell’Uganda

Non è una norma del tutto nuova in Uganda, dove fino ad oggi era già definito un reato avere relazioni con persone dello stesso sesso. La novità sta nel fatto che adesso anche solo dichiararsi omosessuale porterà all’arresto.

Le pene previste vanno da 10 anni all’ergastolo, a seconda della gravità della violazione. La legge stabilisce che si parla di “omosessualità aggravata”, quando questa coinvolge i minorenni. Mentre i parenti e i familiari dei soggetti ritenuti parte della comunità Lgbtqi+, sono perseguibili nel caso in cui non denuncino gay e lesbiche. A rischio anche le associazioni e le organizzazioni che sostengono i diritti degli omosessuali.

L’Uganda vuole proteggere i propri valori

Nel 2014 la Corte Costituzionale ugandese aveva già bloccato una legge del genere. Dopo otto anni, la popolazione potrebbe fare ritorno in un contesto di restrizione sui diritti Lgbtqi+, ma l’ok arriverà solo dopo la firma del presidente Museveni.

Ci sarebbe però la possibilità che, sebbene si mostri favorevole alla norma, il presidente decida di non firmare la legge per non minacciare i suoi rapporti con i paesi occidentali. Sarebbe stato proprio l’Occidente ad inviare la promozione dell’omosessualità in Uganda.

L’emendamento sarebbe volto a proteggere i valori tradizionali della famiglia, ma dagli Stati Uniti giunge la prima critica: il segretario di Stato Usa Antony Blinken ha parlato invece di “una chiara violazione dei diritti fondamentali di tutti gli ugandesi”. Si dicono contrarie anche Amnesty International a Human Rights Watch.